CATANIA – C’è una data che ritorna nelle discussioni di chi fa politica nel centrodestra a Catania: venerdì. Venerdì sarebbe il giorno scelto dal sindaco Salvo Pogliese per firmare le sue dimissioni da sindaco del capoluogo etneo. In ogni caso, comunque, dovrebbe lasciare il suo scranno prima del 9 giugno 2022: quel giorno, infatti, si aprirà il processo d’Appello sulle spese pazze all’Ars, il procedimento penale nell’ambito del quale è già stato condannato in primo grado, dando il via alla burrascosa vicenda di applicazione della legge Severino, sospensione, ricorsi, rigetti, risospensioni, nuovi ricorsi e nuovi rigetti. Chi ha parlato con lui lo dice chiaramente: vuole affrontare il secondo grado di giudizio da uomo libero da incombenze, cioè senza la metaforica fascia tricolore attorno al petto.
La delusione per la nuova bocciatura
La bocciatura del nuovo ricorso lo avrebbe gettato in uno sconforto inaspettato. Si racconta che i suoi legali fossero ottimisti e che lui, il giovane politico che ha realizzato il sogno di essere il sindaco della sua città, ci avesse sperato sul serio. A questa nuova delusione si è sommata la consapevolezza che le priorità del parlamento, adesso, sono completamente diverse rispetto a un mese fa: la cancellazione della legge Severino è passata in secondo piano nell’agenda politica nazionale, e con la guerra in Ucraina attualmente in corso non potrebbe essere altrimenti. Chi con Pogliese ha condiviso un pezzo di strada lo dice con un filo di amarezza: “Non doveva farli tutti questi ricorsi, ogni volta che ne viene rigettato uno è una batosta mediatica e psicologica che non molti reggono. Si fosse fatto sospendere, a quest’ora era tutto finito e la gente se n’era già dimenticata”.
L’importanza delle date
Col senno del poi, in effetti, non era un consiglio campato in aria. Adesso è diventata tutta una questione di date. E quando ci sono le elezioni di mezzo, le date sono importanti: se la Regione Siciliana fissasse le amministrative per domenica 12 giugno, come si vocifera, affinché Catania possa andare al voto in quella occasione bisognerebbe che Pogliese si dimettesse nel più breve tempo possibile. Le dimissioni, secondo la legge, diventano effettive e irrevocabili venti giorni dopo essere state presentate. E le liste devono essere consegnate tra il 30esimo e il 25esimo giorno prima della data delle votazioni. Il tempo per organizzarsi, insomma, è risicatissimo. Ma questo non significa che il toto-possibilità non sia già partito.
Le opzioni in campo
La prima possibilità è che sia tutta una prematura accelerazioni dei tempi. E cioè che le voci delle dimissioni, per quanto credibili, non siano ancora definitive. Ci sono le scadenze del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) il dissesto, il caro energia: si può lasciare una città senza guida, ancorché per un paio di mesi al massimo? La mossa delle dimissioni avrebbe una spinta strategica, com’è stato per l’affaire “vicepresidenza del Consiglio”, per compattare il centrodestra attorno a lui. Cosa che sembra lontana dall’accadere, al momento. Anche tra i suoi ci sarebbe chi ha consigliato al sindaco di lasciare perdere e di chiudere questa esperienza il prima possibile. Sembra che qualcuno si sia detto pronto a lasciare la poltrona entro il weekend, indipendentemente dalla scelta di Pogliese.
Se il sindaco lasciasse, però, il voto a giugno aprirebbe a un’infinità di scenari, al momento di fantapolitica. “Chiunque faccia nomi, in questo momento, o è in malafede o vuole fare pressioni“, suggeriscono credibili fonti politiche. D’altro canto, però, non si tratta certo di nomi nuovi né di vicende scollegate dal quadro politico regionale. Catania non è un’isola: a giugno andrebbe al voto con Messina e Palermo, e poi a novembre ci sono le elezioni regionali. Quella poltrona va inquadrata in una spartizione di coalizione. Forse. Ma pare che le eventuali dimissioni di Pogliese non siano state discusse, ancora, con i vertici nazionali del partito.
Chi si candiderebbe?
Una delle strade potrebbe essere che Pogliese, uomo forte di Fratelli d’Italia in un partito che ha costruito la sua forza in Sicilia partendo da Catania, scelga il suo successore (Sergio Parisi che ha lavorato tanto bene, a detta di molti?). O la sua successora (l’amica Barbara Mirabella, già assessora alla Cultura?). Decidendo di andare da solo con due, forse tre liste. A Palermo e Messina FdI potrebbe scegliere di fare lo stesso: nessun sindaco vince al primo turno se Fratelli d’Italia, con la sua influenza in ascesa, si stacca dal centrodestra. I ballottaggi sarebbero serviti in tavola e, con essi, anche un peso tutto diverso di Giorgia Meloni per chiudere su Nello Musumeci alla Regione e per mettere definitivamente in chiaro la sua (di Meloni) leadership nazionale. Mentre per Pogliese scatterebbe un salvacondotto in parlamento.
Dall’altra parte, si muoverebbe ciò di cui da tempo si sente parlare: Valeria Sudano candidata a sindaca per la Lega, appoggiata da tutte le anime della Federazione di centrodestra lanciata da Matteo Salvini proprio poche ore fa. Quindi autonomisti, Lega, Forza Italia. Tutti insieme. Il centrosinistra resta un’incognita: pare che Enzo Bianco, apprendendo dell’ipotesi dimissioni di Pogliese, si sia detto “pronto”. Al momento, però, non c’è nulla di certo. Da qualunque parte la si guardi.