Avrebbe cercato di condizionare un testimone “consigliandogli” di ritrattare le dichiarazioni fatte a un pentito: per induzione alla falsa testimonianza il tribunale di Palermo ha condannato a 4 anni di carcere e 2 di libertà vigilata Benedetto Tumminia, capomafia di Belmonte Mezzagno (Pa) detenuto per associazione mafiosa. La vicenda nasce dal sequestro in carcere di un “pizzino” che Tumminia avrebbe inviato a Salvatore Barrale, arrestato e indagato per mafia, poi scagionato, con il quale l’imputato avrebbe cercato di convincerlo a smentire il pentito Angelo Casano. Il collaboratore aveva infatti raccontato di aver saputo proprio da Barrale del ruolo di capomafia di Tumminia. I legali dell’imputato, gli avvocati Roberto Tricoli e Luigi Tagliavia, hanno sostenuto che visto che Barrale non ha mai avuto il ruolo di testimone, mancava il presupposto del reato.
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