PALERMO – Per autorizzare il “cinese” a spacciare alla Noce, lontano dai confini del mandamento, i boss di Porta Nuova dovevano pagare una tassa di 300 euro al mese.
Il “cinese” è solo uno dei tanti personaggi che gravitano nel mondo della droga. Di alcuni conosciamo solo i soprannomi, di altri l’intera identità. Dello spaccio fuori zona erano a conoscenza il “vecchio”, l'”alcolizzato” e “Giuseppe”.
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Ruoli apicali, ma anche manovalanza. Giuseppe D’Angelo, soprannominato “Balzaretti”, ad esempio, “faceva come un cornuto” perché “Mario” aveva smarrito il telefono attivato per le ordinazioni. Il giorno che, nel 2020, i poliziotti fermarono D’Angelo toccò a Nicolò Di Michele (di nuovo arrestato dai carabinieri qualche settimana fa dopo una brevissima latitanza), rifornire la droga che “pocket coffee” deve spacciare.
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Alcuni pusher facevano pure da assaggiatori. Domenico “u Bagarella” era addetto alla valutazione della qualità dell’hashish. È “buono e molle”, disse dopo avere testato la roba. Quando un pusher finiva in carcere per rimpiazzarlo si attingeva dalla lista di collocamento della mafia.
In tanti attendono il proprio turno. Il “provino” di un ragazzo, Mirco D’India, meglio noto come “caramella” non era andato “tanto bene”, “non ce la fa”. Meglio affidarsi al “fighettino”, specie per i clienti di target medio alto.
A svelare le identità di tanti spacciatori è stato il neo collaboratore di giustizia Alessio Puccio. Gli investigatori stanno cercando i riscontri.