PALERMO – “La Sezione Sicilia occidentale dell’Anti, Associazione nazionale tributaristi italiani, esprime soddisfazione per l’approvazione da parte del parlamento della riforma della Giustizia tributaria varata ieri dal Parlamento”, a dichiararlo è il presidente delle sezione siciliana dell’Anti, l’avvocato tributarista Alessandro Dagnino. “Si tratta – spiega il giurista – di una riforma storica che modifica in modo significativo l’impianto della precedente legge in vigore dal 1996”.
La riforma istituisce un ruolo autonomo di magistrati tributari assunti per concorso, individuando un punto di equilibrio con la valorizzazione delle professionalità esistenti e crea inoltre in Cassazione una sezione civile deputata esclusivamente alla trattazione delle controversie tributarie, con l’intento di prolungare la specialità della giurisdizione anche nel giudizio di legittimità.
Sul piano processuale, al fine di snellire il contenzioso, le controversie di modico valore vengono devolute ad un giudice monocratico e si rafforza la conciliazione giudiziale. Per altro verso viene superato il divieto di prova testimoniale con l’intento di offrire maggiori spazi di difesa ai contribuenti.
Da salutare con favore anche l’introduzione per legge della possibilità di tenere le udienze da remoto, nel caso in cui le parti lo consentano.
“Va inoltre condiviso – spiega Dagnino – il principio di matrice garantista, ora espressamente stabilito, per il quale, salvo che nelle liti da rimborso, l’onere della prova grava sull’amministrazione e pertanto la condanna del contribuente può essere disposta soltanto qualora ricorrano ragioni oggettive, che l’ufficio dovrà dimostrare in modo circostanziato e puntuale”.
“Per tutti gli operatori del diritto tributario – commenta il presidente della Sezione occidentale dell’Associazione dei tributaristi – si apre un periodo di approfondimento e di prova sul campo delle nuove statuizioni della riforma. L’auspicio – prosegue Dagnino – è che l’ottica di innovazione del sistema, con cui il legislatore offre al diritto vivente la riforma, sia accolta specialmente dalle amministrazioni finanziarie. Un fisco più giusto è, infatti, un fisco anzitutto capace di collaborare secondo buona fede con il contribuente nella definizione delle questioni controverse”.