CATANIA – Capo, quadri intermedi, venditori al dettaglio: l’organizzazione che stamattina è stata coinvolta nell’operazione Tiffany era strutturata, secondo le carte del Gip di Catania, con compiti precisi. Al vertice c’erano tre persone, che si occupavano di trovare e spostare cocaina all’ingrosso, sull’ordine di diversi chili. Sotto di loro, poi, c’erano i corrieri e i piccoli spacciatori al dettaglio.
Le figure di vertice
Secondo quanto si legge nell’ordinanza del Gip, a occuparsi della vendita di cocaina come grossisti erano soprattutto tre persone: Giuseppe Bonanno, Daniele Mangiagli e Francesco Vittorio. Tutti e tre sono destinatari di un provvedimento di custodia cautelare in carcere.
In particolare, Bonanno sarebbe stato il coordinatore di tutta l’attività, controllando l’operato dei collaboratori, impartendo le direttive e prendendo tutte le decisioni necessarie. Con lui avevano relazioni soprattutto Mangiagli e Vittorio, il primo come uomo di fiducia incaricato di tenere aggiornata la contabilità e di ricevere le somme, il secondo come persona sul campo, mantenendo i contatti con gli acquirenti, prendendo gli ordini, raccogliendo i soldi.
“In sostanza – si legge nell’ordinanza del Gip – Vittorio si occupava della parte esecutiva, dello smercio della sostanza e della riscossione del prezzo”. Lo stesso giorno in cui riceveva i soldi dagli spacciatori al dettaglio, Vittorio li consegnava subito a Bonanno o Mangiagli.
Intorno ai tre uomini principali gravitavano poi altre persone, come due corrieri, un uomo che aiutava nella riscossione delle somme e una costellazione di spacciatori. Di questi, però, nessuno parlava mai con Bonanno. Era Vittorio, secondo gli investigatori, a tenere tutti i contatti.
Il bar
L’epicentro dello spaccio, che ha dato anche il nome all’operazione, è il bar Tiffany di Aci Bonaccorsi. Qui lavorava, prima di morire nel gennaio di quest’anno, Pietro Coco. Il quale si occupava di spacciare droga sul territorio di Aci Bonaccorsi, Viagrande e Zafferana Etnea, e usava come punto di riferimento per lo scambio di droga e soldi proprio il suo bar.
È da un’intercettazione a Coco che, nel 2021, i Carabinieri di Acireale si rendono conto dell’esistenza di un’organizzazione che muove la droga all’ingrosso nel territorio della provincia di Catania. L’uomo infatti è intercettato mentre parla di una grossa partita di droga con Francesco Vittorio.
La trattativa per due chili di cocaina
I due uomini si incontrano nell’aprile del 2021 e sono intercettati da una cimice piazzata sull’auto di Coco, all’epoca indagato in un altro procedimento. “Guarda che mi è arrivata ieri – dice Vittorio – è bellissima, sia di naso, sia di scioglierla, sia di fumarla è la fine del mondo ‘mbare”.
Vittorio racconta a Coco di avere 10 chili di cocaina pronta per lo smercio: sette di tipo “Africa” e tre di tipo “Stella”. Poco dopo propone le modalità di acquisto: “Prenditene uno (un chilo, ndr), me lo paghi come me lo stai pagando adesso, che hai problemi”. Coco chiede “com’è combinata”, e Vittorio risponde: “A te te la faccio a trentotto, l’abbiamo venduta a quaranta questa”. Ovvero: 38 euro al grammo.
Più avanti nella conversazione, si stabiliscono le condizioni per due chili di cocaina:
“Allora due pacchi te li tolgo?” dice Vittorio.
“Due chili? Ma uno Ciccio, facciamo così” dice Coco.
“Uno me lo paghi subito e uno me lo paghi a poco a poco” dice Vittorio.

