PALERMO – Prima uscita della nuova Commissione regionale antimafia. Il presidente Antonello Cracolici, i suoi vice Ismaele La Vardera e Riccardo Gennuso, la segretaria della commissione Roberta Schillaci e la componente Marianna Caronia hanno deposto una corona di fiori in tre luoghi-simbolo della memoria e della lotta alla mafia: di fronte le lapidi che ricordano gli omicidi del presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, del segretario regionale del Pci Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo, e di fronte il monumento ai caduti nella lotta contro la mafia in piazza XIII Vittime.
Tra i nuovi componenti della Commissione c’è, dunque, anche il siracusano Gennuso che a Palermo, in particolare al palazzo di giustizia, ci è spesso tornato nella doppia veste di vittima di estorsione mafiosa e imputato di estorsione, ma non mafiosa.
Assieme al padre, l’ex deputato Pippo Gennuso (finito al centro di inchieste e processi si definisce “vittima di una cricca”), subì l’estorsione della famiglia mafiosa Vernengo che aveva messo gli occhi sulla sala Bingo rilevata dai Gennuso nel rione Guadagna.
“Ho pagato per paura di ritorsioni“, disse in aula Riccardo Gennuso che assieme al padre denunciò l’estorsione. Il processo si è chiuso con le condanne degli imputati. L’anno scorso il neo deputato ha denunciato di avere trovato un gatto bruciato nel parcheggio della sala Bingo. Un episodio che, a suo dire, potrebbe avere una matrice intimidatoria legata alle vicende del passato.
Di processo, a Palermo, ce n’è un altro in corso in cui i Gennuso, padre e figlio, sono imputati perché avrebbero costretto con minaccia, da qui l’ipotesi di estorsione, alcuni dipendenti a rinunciare a parte di stipendio e Tfr nel passaggio societario. Se non avessero firmato l’accordo, i lavoratori avrebbero subito la riduzione dell’orario di lavoro da nove a tre ore.
I Gennuso si sono sempre difesi parlando di denuncia priva di fondamento e temeraria.