PALERMO – L’aula diventa il palcoscenico dal quale Gianfranco Miccichè lancia il suo j’accuse all’indirizzo della maggioranza. Il coordinatore regionale di Forza Italia non le manda a dire e parte da un annuncio che è già una dichiarazione di guerra in piena regola. “Domani mattina consegno le dimissioni dal Senato. Rimango in Sicilia e in quest’aula”, ruggisce.
L’arringa di Miccichè
“Uno dei motivi che mi ha convinto a rimanere in Assemblea regionale è che sento il bisogno, oltre al dovere, di difendermi”, insiste. Il vicerè azzurro affronta la vicenda della deroga al gruppo parlamentare (al momento costituito da soli tre membri) ricordando le sette occasioni nelle quali da presidente dell’Ars la concesse. “Abbiamo chiesto la deroga al nostro gruppo parlamentare, perché siamo diventati tre (minimo è 4 deputati). L’altro ieri ho ricevuto una telefonata strana di un giornalista, mi ha detto che l’Ars avrebbe deciso di non dare la deroga. Mi ha lasciato stupito. Nella precedente legislatura la deroga è stata data in tre occasioni: a FdI, alla Lega e a Sicilia Futura. Nei sette anni fatti all’Ars da presidente sono state concesse sette deroghe in sette anni: 5 a partiti di maggioranza e 2 a gruppi di opposizioni”, dice. “Cosa scatta per decidere di non darla?” chiede al presidente Gavagno facendosi forte della regola della consuetudine.
L’attacco a Schifani
“Discrezionalità” diventa la parola-clava da brandire contro il presidente Galvagno lasciando intendere che ci sarebbe una volontà di colpirlo per motivi politici. “La scelta non può dipendere dal fatto che un gruppo è antipatico non al presidente dell’Ars ma al presidente della Regione siciliana: questa è la fine dell’Assemblea. Se ci sono delle regole sottoposte a discrezionalità allora è la fine. Non voglio creare problemi, certo sei io fossi in lei presidente Galvagno cercherei di capire perché non mi dà la deroga. Allora abolite le deroghe”, argomenta Miccichè. E rivolgendosi a Galvagno, dice: “Le chiedo di rivedere questa decisione o diversamente di abolire la regole, se non lo fa ci mette nei guai tutti. Noi abbiamo il quarto deputato, comunque. Alla fine di questa seduta sono nelle condizioni di comunicarle l’adesione del quarto parlamentare al nostro gruppo di Forza Italia, ma non lo voglio fare. L’Ars è libera o è condizionata dalla discrezionalità e dalla cattiveria del presidente della Regione?”
Le spiegazioni di Galvagno e il soccorso di De Luca
Il pupillo di Ignazio La Russa risponde piccato e dice a Miccichè che ancora la pratica non è passata al vaglio dell’ufficio di presidenza e che passerà comunque dal voto dei suoi componenti. Una prassi, quella del voto, che Miccichè giudica inusuale e che corroborerebbe la tesi della esclusione pianificata del gruppo di Forza Italia guidato da Michele Mancuso. “Sulla discrezionalità saremmo molto attenti. Noi ci atteniamo al regolamento, è la nostra stella polare. Non è una scelta autonoma, ma la deroga sarà votata dai dieci componenti del Consiglio di presidenza”, spiega Galvagno. “Per me è assurdo che si voti in Consiglio di Presidenza – replica Miccichè – perchè ci sono le condizioni per avere la deroga”.
“Se non si votasse sarebbe un atto di discrezionalità”, controreplica Galvagno.
E la tensione sale alle stelle soprattutto quando, poco dopo, il solito Cateno De Luca torna all’idea del “soccorso rosso” proponendo nuovamente di fornire un uomo a Miccichè per non fare venire meno il gruppo. Ipotesi che il presidente Galvagno considera impraticabile nella misura in cui essendo i due gruppi deluchiani costituiti da quattro persone ciascuno si ritroverebbero nella stessa situazione di Forza Italia.