CATANIA – Era ancora pieno giorno. Erano passate da poco le 17 quando, tra viale Africa e via D’Amico, si è consumata l’aggressione con un solvente ai danni di una donna. Un fatto che ha destato scalpore anche per via del nome “Giarrizzo”, che sarebbe stato urlato da chi ha lanciato il liquido corrosivo sul volto della vittima, e che farebbe riferimento al pentito Salvatore Giarrizzo, oggi collaboratore di giustizia e in passato ritenuto reggente del clan Scalisi di Adrano, a cui la donna era stata vicina in passato.
Le indagini sul caso sono state affidate alla Squadra mobile della questura di Catania che, in queste ore, starebbe verificando l’esistenza di immagini di videosorveglianza che possano avere ripreso il momento dell’aggressione. Secondo quanto riferito a LiveSicilia, a chiamare le forze dell’ordine e i soccorsi sarebbe stato un commerciante della zona, intorno alle 17.30, dopo avere sentito la vittima urlare. Uscito in strada, l’uomo avrebbe prestato il primo aiuto alla donna, che era diretta al capolinea degli autobus.
È possibile che in queste ore emerga che il lancio del liquido non sia avvenuto da un’automobile ma, forse, da uno scooter. Su quale sia la sostanza che ha raggiunto la donna al volto, invece, sono in corso gli accertamenti. La vittima ha riportato un arrossamento al viso, giudicato guaribile in sette giorni. Cosa le sia stato gettato in faccia non è chiaro, forse un acido molto diluito in acqua. Dalle analisi scientifiche si riuscirà a comprendere di più.
A proposito del pentito Giarrizzo, il cui nome sarebbe stato urlato prima dell’aggressione: è stato arrestato nel 2020 nell’ambito dell’operazione The King. Il 17 febbraio 2021 è stato incendiato un camion per la vendita di panini di un suo familiare. Da intercettazioni disposte dalla Dda della Procura di Catania erano emersi, nell’ambito dell’inchiesta Triade del marzo 2021, dei progetti di vendetta della cosca nei confronti del pentito e dei suoi familiari.
Le indagini del commissariato di Adrano e dalla squadra mobile di Catania, secondo la Dda etnea, fecero emergere il “forte disappunto tra gli affiliati al clan Scalisi”, per la collaborazione con la giustizia di Salvatore Giarrizzo, avviata nell’estate del 2020, tanto da “progettare atti intimidatori nei suoi confronti e della sua famiglia, finalizzati a fargli ritrattare le dichiarazioni rese nei confronti degli ex compagni e di appartenenti ad altri gruppi mafiosi”.