(Roberto Puglisi) Il raggio di sole che illumina, in una mattina appena nuvolosa, il portone della scuola ‘Falcone’ allo Zen, sottolinea un gesto di speranza. Un bambino parla con un collaboratore scolastico, lo abbraccia e gli dà un bacio sulla guancia. La devastante vicenda della preside Daniela Lo Verde, arrestata con accuse pesantissime, ha approfondito la voragine tra il quartiere e le istituzioni e non è colpa del quartiere. Ma quel bacio e quell’abbraccio somigliano a un darsi reciproca forza, in un giorno di normale trincea che aspira all’eccezionalità di un armistizio col mondo e con la cronaca.
Si ricomincia da qui, mentre non sono ancora le nove. Dall’insediamento del reggente, il professore Domenico Di Fatta, uomo di mite e incrollabile tenacia. Sale una rampa di scale il nuovo preside, si appoggia al cronista e, prima di rilasciare le dichiarazioni di rito, sussurra: “Sono incoscientemente sereno”. Accanto a lui chi lo ha scelto (benissimo) e lo sostiene: Giuseppe Pierro, direttore dell’Ufficio scolastico regionale.
La rabbia delle mamme
Alle otto del mattino, in anticipo sulla parca investitura che si apre con un dialogo tra famiglie e scuola, ecco un capannello di mamme. Sono tutte, giustamente, arrabbiate. “Ho un figlio disabile – racconta una voce -, non sa né leggere, né scrivere. Il cibo della mensa era brutto, una volta lui è stato male, ma abbiamo pensato che avesse mangiato qualcosa di pesante la sera”. “D’inverno si sentiva freddo – racconta una seconda voce -. Ci vuole tanto coraggio, adesso, ad avere fiducia. Noi siamo sempre sulla bocca di tutti, la gente viene qui a buttare i rifiuti da altre zone. Che dovremmo dire? Noi vogliamo essere come tutti”. Una terza voce di mamma: “La vita non è semplice, abbiamo i mariti al ‘Pagliarelli’ e dobbiamo fare tutto da sole. Mio figlio è sconvolto, mi ha detto: ‘Se la preside rubava, perché non posso rubare pure io…'”. Il cibo è il punto dolente. “Questa storia è bruttissima – commenta una quarta voce -, i generi alimentari sottratti a chi ha fame… ecco, è il particolare più atroce. Vergogna!”.
Lo smarrimento dei professori
Nella sala che ospita il confronto, si registra lo smarrimento dei professori, con la volontà di non mollare. E’ una situazione emotivamente difficile, anche per via delle indagini. Parla la professoressa Maria: “Vengo da Verona, sono innamorata dello Zen e di Palermo, sono qui dal ’95 e siamo tutti sconvolti”. Parla la professoressa Claudia: “Il nostro stato d’animo è comprensibile, ma dobbiamo andare avanti, dobbiamo farlo per i ragazzi”. Sono altre voci sincere, che vibrano, sommessamente, di una passione ferita, ma non uccisa. Danno respiro, come quel bacio all’ingresso. Nell’atrio ci sono i simboli della legalità. C’è il busto assorto del giudice Giovanni Falcone. Ci sono disegni che inneggiano a un domani migliore. Tra i presenti, Loris, frate, ragazzo dello Zen: “Il colpo è durissimo – dice -, ma non perdiamo la speranza”.
Parole e dolore
Il dolore è tangibile nel vasto spazio delle riunioni che sta per chiudere le porte ai giornalisti: vogliono discutere a cuore aperto, come una famiglia, ed è giusto così. Un bambino solleva il coperchio del pianoforte e si abbandona all’estro di un suono improvvisato e bellissimo, nelle sue stonature. E’ l’espressione di uno stato d’animo. Parla il preside Di Fatta e si dice grato dell’affetto che ha ricevuto: “Mi hanno accolto bene e applaudito”. Lui è stato dirigente qui e ha lasciato un bel ricordo. Parla il direttore scolastico Pierro, parla l’assessore Rosi Pennino, parla Giusto Catania che è venuto, con la preside Valeria Catalano e altri, a portare solidarietà e stupore. “E’ la scuola che deve reagire, come istituzione”, dice il preside Catania. All’assemblea, interverrà un alunno – raccontano – e pronuncerà frasi nitide: “Non è giusto che alcuni ci considerino diversi perché siamo dello Zen. Vogliamo le stesse opportunità degli altri”.
Parla il sindaco, Roberto Lagalla: “La scuola e le istituzioni vanno al di là delle singole persone, il messaggio educativo continua. Sono sgomento per ciò che viene proposto dalla stampa sull’operato della preside Daniela Lo Verde e mi auguro che alla fine possa essere dimostrato che abbiamo fatto tutti solo un brutto sogno perché, prima da assessore e poi da sindaco, ho sempre ritenuto l’Istituto Falcone un avamposto di legalità che non può ammettere tradimento”. C’è chi va via e si sfoga ancora: “Vergogna”. Si torna, tra i padiglioni, nell’abbandono, nel ghetto – secondo definizione crudele – che altri, da fuori, vogliono così, mortificando i cuori e le intelligenze dei palermitani che vivono qui. Da un angolo spunta un crocicchio di persone. Qualcuno mormora: “Talè, i spacciatura…”. Loro non sembrano in allerta. Ridono.