CATANIA – “Le dico una cosa che, in campagna elettorale, non ho mai detto per discrezione. Mi sono assunta, ci siamo assunti, tutti insieme, la responsabilità di dire dei “no” importanti: mi riferisco a “no” detti a certi grandi elettori la cui storia politica non è affine alla nostra. Quelli che bussano l’ultima notte per sostenere la lista. Avremmo ricevuto tanti voti, è vero, ma l’avrebbero scalata e noi avremmo continuato in questi giochi di commistioni che non ci avrebbero consentito di ripartire”.
Maria Grazia Leone, da sei mesi segretaria provinciale del Partito Democratico, va dritta al sodo. Preferisce non giraci attorno.
In politica, si sa, la forma è anche sostanza e la cruda analisi (sul fronte della sinistra) del voto catanese passa soprattutto dai numeri prima ancora che dagli argomenti.
E da qui partiamo in un colloquio in cui la Segretaria, le va riconosciuto, non cerca alibi o mistificazioni.
Dunque, i candidati ai quali si riferisce, chiedevano il cosiddetto passaggio? E se le chiedessi di fare i nomi?
“Avevo tre richieste di peso. Preferisco non dire di chi si tratta. Posso, però, dirle: “Me ne sono pentita?”. No. Abbiamo tenuto il punto e, adesso, abbiamo il dovere di ripartire”.
Ora, gioco-forza c’è però da tirare le somme all’interno del partito.
“Guardi, se riusciremo a non cedere alla tentazione delle polemiche e a non farci distrarre dai riposizionamenti congressuali allora avremo, veramente, la possibilità di crescere e andare avanti. Anche perché delle diatribe interne alla gente non importa. Rimaniamo concentrati. Umili, sobri e pronti a faticare”.
Un confronto, comunque, ci sarà.
“Ci vedremo prestissimo per fare le giuste analisi. Ma non abbiamo mai smesso di sentirci e di lavorare: alla tornata elettorale di settembre ci davano per morti, a febbraio siamo tornati in piedi con la nuova segreteria nazionale. Serve tempo. Dobbiamo ripartire un passo alla volta”.
Cosa resta da dire del voto catanese di una settimana fa?
“Semplicemente, che abbiamo perso. La destra vince a mani basse e porta a seggio tutte le liste a Catania il quadro è chiaro. Come ad Ancona, a Pisa, a Brindisi, a Massa e a Siena”.
E adesso?
“Analizziamo gli errori, impariamo da questi, pesiamo con onestà la sconfitta e ripartiamo da un dato, il PD torna in campo mettendo a segno 3 eletti in consiglio e 6 o 7 eletti nelle municipalità. Torniamo, a Palazzo degli Elefanti, con la responsabilità di essere la principale forza del campo progressista. Insieme ai nostri alleati, se riusciremo a rimanere interlocutori leali e a fare rete dentro la città, possiamo costruire nel tempo un modello alternativo di città, mettere radici e crescere”.
Quando è stata eletta segretaria, si aspettava una strada meno complicata?
“No, per nulla. Era già tutto previsto, anzi l’avevo scritto nella relazione presentata all’assemblea il 22 dicembre, il giorno della mia elezione. Serve collaborazione leale e lavoro ventre a terra per provare a radicarci quartiere per quartiere. Perché è così che si comincia a ricostruire. Coinvolgendo nuovi militanti e dando giusto riconoscimento a chi dentro questo partito, a Catania come in provincia, ha sempre investito sangue e sudore, nel segno della gratuità e con grande senso di appartenenza. Ci sono ragazzi, ragazze e dirigenti di lungo corso pronti a spendersi, desiderosi di impegnarsi e di caricarsi sulle spalle la sfida di un cambiamento reale, come dico sempre per rabbia e per amore”.
In estrema franchezza: si attendeva certamente un risultato migliore?
“Dobbiamo essere severi nelle analisi, ma anche seri, facendo i conti con la situazione reale. Ci sono alcuni importati segnali che non meritano di essere ignorati: da un lato la corsa al tesseramento di questi mesi, tante persone che spontaneamente prendono la tessera e se tardiamo ad approvarla ci cercano, ci scrivono, ci spingono e si mettono a disposizione;
dall’altro il consenso di cui ancora il simbolo gode e che dobbiamo fare in modo di meritarci e di intercettare, soprattutto nella città di Catania.
Guardando alla lista, a Catania, come ad Acireale e in altri comuni, ci sono tanti giovani che si sono avvicinati, che hanno messo la faccia nelle nostre liste con generosità, raggiungendo risultati importanti dal punto di vista elettorale, non sufficienti a farli eleggere in qualche caso,ma sufficienti per dimostrare che la comunità democratica è viva e i militanti, – quelli che negli anni hanno sempre dato senza ricevere mai – sono con noi e da loro dobbiamo ripartire, dalla valorizzazione di una comunità troppo spesso trascurata”.
Ha l’impressione, e mi riferisco al risultato di Catania, che non stiate utilizzando un linguaggio e degli argomenti che la gente vorrebbe ascoltare?
“Io, purtroppo, non ho la bacchetta magica, quello che so è che dobbiamo tornare a radicarci nel territorio: che significa anche cambiare il nostro linguaggio che evidentemente non è stato efficace. Impariamo ad ascoltare ed a recuperare tutti quelli che abbiamo perso o lasciato indietro”.