PALERMO – E alla fine volarono gli stracci. Quando manca ormai un amen al voto, in campagna elettorale è scattata l’ora dei veleni. Colpi bassi, schizzetti di fango, mascariature alla sicula, non manca niente in questo gran finale. Oggi, lo scontro senza guantoni ha visto protagonisti Giancarlo Cancelleri e Rosario Crocetta. Ha iniziato il candidato grillino, che per un giorno, forse nel giorno sbagliato, ha pensato di rubare le luci della ribalta alla superstar Beppe Grillo, intervenendo al programma La Zanzara di Radio 24 e sparando ad alzo zero a destra e manca con una certa dose di approssimazione. “Non stringerei la mano a nessuno dei miei avversari, tranne che alla Marano”, ha detto con quel piglio integralista tanto caro al popolo a cinque stelle il candidato di Grillo, argomentando la sua scelta con commenti tutti da leggere (del tipo “Musumeci è un uomo d’altri tempi, mi ricorda Mussolini e a Mussolini non stringerei la mano”, roba da politica con la P maiuscola), riesumando la vicenda della coca al ministero dell’Economia e accusando Rosario Crocetta, che da anni vive sotto scorta, di essere il candidato “che dà meno sicurezza sulla mafia, sul rischio di infiltrazioni. Non per lui, ma per i suoi alleati dell’Udc”.
Gli altri competitor hanno fatto spallucce senza replicare. Rosario Crocetta non ha saputo resistere. Rispondendo a Cancelleri nel peggiore dei modi. “L’azienda presso la quale lavora – ha detto l’ex sindaco di Gela parlando di Cancelleri – è diretta da un tale Lo Cascio, molto molto, molto amico di quell’ingegner Di Vincenzo, al quale oggi è stato confermato il sequestro di un patrimonio di 400 milioni di euro. Guardasse chi sono gli ‘amici degli amici’ e ricordasse che io sono stato il primo politico in Sicilia a denunciare i rapporti di Di Vincenzo con la mafia mentre lui, candidamente, non sa neppure con chi ha a che fare quotidianamente”. Il mascariamento con schizzo di fango è servito, nel migliore (o peggiore, fate voi) stile di una certa antimafia col bollino blu, abituata a rimestare nelle carte processuali raccattando ciò che fa comodo a prescindere dalle responsabilità personali, con uno spregiudicato uso di una presunta proprietà transitiva della mafiosità.
Cancelleri ha replicato prontamente: “L’attacco di Crocetta nei miei confronti è puramente strumentale, perchè non riesce a liberarsi dalle liste che lo sostengono e che sono piene di indagati e condannati. Io sono geometra – prosegue il candidato grillino – e lavoro per un’azienda che non ha mai avuto a che fare con la mafia, che dà occupazione a 90 famiglie e che opera nella massima trasparenza, lavorando in una terra dove fare impresa è al momento cosa molto difficile, con onestà e senso del dovere. Il mio datore di lavoro non ha alcun avviso di garanzia, non ha alcun rapporto con la mafia, e non ha nessun problema con la giustizia, è una persona onesta”. Buon per lui.
Dovevamo aspettarcelo, in fondo, che finisse così. Le prime avvisaglie le avevamo avute nel weekend, quando la senatrice del Pdl Simona Vicari aveva scritto una lettera aperta a Lucia Borsellino chiedendole una presa di posizione su una informativa di polizia di nove anni fa in cui Antonio Malafarina, vicequestore e oggi candidato con Crocetta, insinuava dubbi sui rapporti fra Crocetta e un mafioso. Anche qui, l’antico adagio per cui se non tinge mascaria, trovava la sua puntuale applicazione. Toccava poi a Malafarina qualche giorno dopo rispondere alla senatrice facendole presente che le indagini sul personaggio in questione, poi diventato collaboratore di giustizia, avevano appurato che questi non avesse appoggiato Crocetta, invitando la Vicari a prendere carta e penna e scrivere ai suoi compagni di partito coinvolti in inchieste di mafia. Touchè.
Veleni su veleni. Come le rivelazioni su vere o presunte trame per dirottare sottobanco blocchi di voti da questo a quel candidato, con liste di “traditori” sventolate sulla pubblica piazza del web. O come i comunicati che raccontano di segretissime telefonate di superbig che chiedono ad altri big di non votare questo o quel candidato. Un minestrone di colpi bassi di cui francamente abbiamo ormai piene le tasche. E non sia mai che si parli di cose concrete che davvero interessano i siciliani. Grazie a Dio domani è venerdì, come amano dire gli anglosassoni. E tra ventiquattr’ore potremo finalmente archiviare per sempre questa campagna elettorale.