CATANIA – “L’istruttoria volta al rilascio dell’autorizzazione sarà completata tempestivamente“. Tradotto dal burocratese: presto diremo quando il cantiere potrà ripartire. Firmato: il Genio civile di Messina. È l’ultima novità nel caso che riguarda l’imprenditore catanese Fabio D’Agata, la cui azienda lavora al consolidamento di un costone roccioso nel Comune di San Marco d’Alunzio, nel Messinese. La ditta non tocca una pietra in quel posto dal giorno in cui, due anni fa, il direttore dei lavori Basilio Ceraolo è stato arrestato per avere, secondo l’accusa, chiesto una tangente da centomila euro. Richiesta corruttiva denunciata da D’Agata.
La “tecno-burocrazia” regionale
Nei giorni scorsi, LiveSicilia aveva raccontato dell’ultima richiesta burocratica che impediva la ripresa dei lavori: il Genio civile di Messina, per dare seguito alla richiesta di autorizzazione alla realizzazione dei lavori (e quindi alla ripartenza del cantiere), aveva domandato una relazione sulla conformità delle opere eseguite fino al momento della loro sospensione. Un documento che, secondo D’Agata, sarebbe stato richiesto da un funzionario direttivo degli uffici messinesi all’ex direttore dei lavori, cioè Ceraolo, nel frattempo condannato in primo grado – e col rito abbreviato – a tre anni e due mesi di arresti domiciliari.
La richiesta sarebbe stata “in pieno conflitto d’interesse“, per l’imprenditore, che ha deciso di dare notizia anche alla procura. Giacché, secondo lui, “può configurarsi quale tentativo di fare conseguire a Ceraolo un qualche risultato utile da fare valere in seno al processo penale d’Appello“. Senza contare che sia “illegittima, inammissibile e comunque inopportuna“.
La replica del Genio Civile di Messina
Definizioni che il Genio civile decide di non accettare. “L’esame dei progetti operato da questo ufficio – si legge in una lettera inviata ieri a D’Agata e, per conoscenza, al Commissario di governo contro il dissesto idrogeologico della Regione Siciliana – è sempre stato improntato all’osservanza delle norme che regolamentano gli interventi nelle zone classificate sismiche”. E il costone roccioso di via Cappuccini, a San Marco D’Alunzio, è considerato a rischio cedimento. Per questi motivi, scrive il Genio civile, la documentazione richiesta non è altro che “una legittima richiesta di integrazione di atti […] talché non può certo configurarsi quale tentativo di far conseguire al Ceraolo un qualche risultato utile da far valere in seno al processo penale d’Appello”.
E a proposito di una presunta conversazione avvenuta tra il funzionario del Genio civile e Ceraolo, che a D’Agata sarebbe stata confermata dallo stesso dipendente regionale, gli uffici replicano: “Nessuna interlocuzione è intercorsa“. Una smentita netta, a cui fa seguito, comunque, un passo indietro rispetto alla richiesta. Perché nella documentazione trasmessa dal responsabile unico del procedimento il 5 settembre “si rinvengono gli elementi che surrogano la richiesta integrativa indicata come necessaria a seguito dell’esame speditivo operato per riscontrare le richieste intervenute verbalmente”.
Maurizio Croce convoca una riunione
Ancora una volta, traducendo dal burocratese: la relazione sui lavori eseguiti fino allo stop al cantiere non serve più, perché nei documenti inviati di recente ci sarebbero le risposte che servono. E così la procedura sarà “completata tempestivamente”. Dopo che, però, lo scorso 5 settembre, era intervenuto direttamente il commissario Maurizio Croce. Che per il 12 di questo mese ha convocato una “riunione per valutare lo stato dell’arte dell’intervento“. Atteso da due anni dai cittadini di un Comune in bilico su un cantiere bloccato.