Torna con un groppo in gola che il suo coraggio di uomo verticale ammette e inghiotte a fatica. Don Baldassare Meli, domani, sarà a Santa Chiara, a cinque anni di distanza dall’addio ai luoghi che l’hanno visto costruire la sua missione in difesa dei più piccoli.
Torna, per celebrare alle undici e mezza il funerale di un ragazzo mauriziano morto in un incidente. «Me lo ha chiesto la famiglia – sussurra don Meli al telefono -. Non potevo rifiutare. Certo, la memoria sarà una compagna di viaggio non da poco in questo viaggio». Che lo riporta a casa.
Nel cuore di quello che era considerato l’osceno paese degli orchi. Nell’Albergheria infelice che massacrava l’innocenza dei suoi bambini. Non erano tutti carnefici e complici. Solo alcuni scellerati pedofili che passarono alla storia e alla cronaca giudiziaria proprio come «gli orchi dell’Albergheria». Era l’esatta metafora di una violenza che divora il cuore dei piccoli e li rende grandi troppo in fretta.
Non fu una stagione facile quella di don Baldassare Meli e di don Roberto Dominici, suo inseparabile braccio destro. La trama del riscatto si confuse e si inceppò nelle polemiche con la macchina della giustizia, sulla riservatezza e sulla discrezione delle indagini e con le istituzioni latitanti. Le accuse piovvero di rimando, con le botte. La gente del quartiere non sempre capì il prezzo del valore. Don Dominici conobbe l’accerchiamento e la violenza delle percosse. Poi, il linciaggio morale, voci infamanti, ombre proiettate ad arte. I due sacerdoti decisero di andare avanti fino al trasferimento suggerito dai vertici salesiani per limiti temporali di servizio. A Santa Chiara ebbe inizio la pastorale di don Gianni Giummarra, un prete onesto, ma non si è più parlato di pedofilia, né di abusi, né di violenza. Don Baldassare è finito a Castelvetrano. Si occupa di immigrati e di pescatori. L’ultima volta che è stato a Palermo, in casa di amici, aveva la barba bianca e un filo di pancetta. Il dolore e il rimpianto di avere lasciato incompiuta la sua battaglia ancora lo tormentavano.
Ora torna. E chissà che faccia avrà l’uomo che difese l’innocenza, sacrificando se stesso. La voce al telefono, in una mattina d’estate e amarcord, è cordiale come sempre. Solo alla fine scema in una specie di singhiozzo, quando dice: «Domani ci vediamo a Santa Chiara».
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo