PALERMO- Le undici di lunedì, al liceo linguistico Cassarà di Palermo. La preside, Daniela Crimi, prende un megafono e annuncia alle classi: “Cominciamo adesso il nostro minuto di silenzio per Giulia. Chiedo a tutte e a tutti di riflettere”. Il cigolio del megafono si spegne, mentre la scuola sospende le sue voci, come accade in tutta Italia. Il dolore per Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio, rimbalza anche quaggiù. Le piccole donne e i piccoli uomini – piccoli nel formato degli anni, non nella vastità dei sentimenti e dei pensieri – ne soffrono a pelle. E si riuniscono in una assemblea per alcune classi, guidati da una preside e da docenti impegnatissimi.
“La scuola e quei casi di violenza”
“I casi di violenza – dice un attimo prima la professoressa Crimi, in presidenza – ci sono e ce ne sono stati parecchi, anche l’anno scorso. Noi ci attiviamo, ma poi tocca alle famiglie. In qualche occasione abbiamo dovuto denunciare alla Procura. Abbiamo avuto le vicende di ex fidanzati che diventano stalker e anche di adulti protagonisti in negativo. Questi comportamenti, purtroppo, sono diffusi. Ma il Ministero che pensa, giustamente, all’educazione sentimentale, poi ci toglie i fondi dello psicologo, perché tanto la pandemia è finita…”.
“Vogliamo fare rumore”
E’ una giornata di sit-in, a Palermo, come ovunque, gli studenti si mobilitano sulla violenza di genere. E c’è chi invita ‘a fare rumore’. Un minuto di rumore”, per esempio, è stato celebrato al liceo classico Vittorio Emanuele II. Al suono della campanella ci sono stati applausi e una espressione di comprensibile rabbia.
La cerimonia all”Ascione’
Diversi i momenti dedicati a una tragedia. Alla cerimonia che si è svolta nel perimetro della Festa dell’albero, all’istituto ‘Ascione’, ha partecipato il direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia Giuseppe Pierro . “Abbiate cura anche della vostra parte più nascosta, dei vostri sentimenti e imparate ad accettarli e a coccolarli perché le vostre emozioni guidano la vostra vita – ha detto Pierro -. È impensabile che qualcuno possa non avere rispetto per la persona che ha accanto, per qualunque motivo: perché lo si considera diverso, lo si considera altro giustificando in questo modo violenza e soprusi. Non deve più accadere”.
Il dibattito al ‘Cassarà’
Si scende dalla presidenza fino al teatro della scuola, al ‘Cassarà’, per partecipare al dibattito. Le ragazze e i ragazzi, a loro volta, raccontano, qui protetti dall’anonimato. Lei e lui indicano la pluralità degli interventi, voce per voce. Lei dice: “C’era una mia amica con un fidanzato molto possessivo. Lui non voleva che uscisse da sola con noi, le sue amiche, si arrabbiava se lei abbracciava un altro ragazzo, gridava, era violento. La perseguitava in tutti i modi. Per fortuna, la mia amica ha trovato il coraggio di lasciarlo”.
“Le ragazze vanno protette”
Nella memoria scorrono le notizie di questi giorni. Il sorriso di Giulia che abbraccia un albero, sforbiciato dalla violenza, dalla sofferenza, da una fine iniqua. Lei, con la felpa, dice: “Ora ne parliamo, ma tra un po’ dimenticheremo, fino alla prossima vittima. Parlano anche i ragazzi. Lui, altra felpa chiara, dice: “Le ragazze vanno protette, se uno ama non fa certe cose che non sono da fare, a prescindere”. E si sviluppa un dibattito se, per caso, la ‘protezione’ non sia un retaggio maschilista. Ma in questo discorso c’era soltanto un porgere la mano, per non sentirsi soli.
“Se ti innamori di quello sbagliato…”
Parlottano, le felpe, i maglioncini, i giubbotti, gli occhiali… Rimandano l’eco di una comunità sveglia, sensibile, che non ha tutte le risposte, ma ha le idee chiare, grazie al lavoro di sensibilizzazione tra i banchi. Vengono narrate altre storie di adolescenti gelosi che imprigionavano e di voli spiccati, per fortuna, nonostante le trame spesse della rete. Lei dice: “Mentre al Tg si parlava di Giulia, i miei genitori si sono voltati verso di me e mi hanno spiegato che è meglio essere sempre aperti, per non nascondere mai nulla. Ma io ho paura lo stesso. E se incontrassi uno come Filippo? Magari ti innamori di quello sbagliato e non vedi com’è”. Lei dice: “Tutti gli uomini non sono così, ma siamo sempre noi a morire. Non sono tutti gli uomini, ma sono sempre tutte le donne, siamo noi le vittime”.
Cala un altro minuto di silenzio, stavolta, non programmato nel teatro-assemblea. Dentro c’è lo sconforto, con la voglia di non arrendersi, fuori c’è il sole. Dentro c’è l’immagine sorridente di Giulia, abbracciata, stretta stretta, al suo albero. Come per non lasciarlo più.