PALERMO – Il vigile urbano lo ha denunciato e il commesso ha risposto per le rime. La lite è finita in Procura.
Villa Niscemi, sede di rappresentanza del comune di Palermo. È il 30 novembre scorso, come ogni mattina il commesso (A.R. sono le sue inziali) si reca al lavoro. Da qualche tempo è a disposizione dell’ufficio del cerimoniale. Alla sbarra c’è il poliziotto municipale che lo ferma. Si conoscono ma, almeno così sostiene il vigile, il commesso non può entrare con la macchina perché non è quella di servizio. L’impiegato replica sventolando un’autorizzazione: può usare l’auto privata per sbrigare le faccende di servizio in attesa che venga riparato il mezzo dell’autoparco comunale fermo in officina.
I toni della discussione si alzano e vola qualche parola di troppo. Intervengono un paio di dirigenti comunali per ristabilire la calma. Via libera, il commesso può entrare in macchina. Sembra tutto risolto. Sembra, appunto, perché l’impiegato scopre di essere indagato per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Non ci sta e si affida all’avvocato Giovanni Di Trapani per presentare una querela in cui spiega di “non avere mai posto in essere alcuna offesa o resistenza” e di essere alquanto sorpreso per l’atteggiamento “ostile” e “irruente” del vigile urbano. La lite ormai è diventata una faccenda dai risvolti penali.