La Sicilia del feudalesimo mafioso: "A chi leva il pane, levaci la vita

La Sicilia del feudalesimo mafioso: “A chi leva il pane ai bimbi, levaci la vita”

Il potere di Cosa Nostra nelle campagne agrigentine
IL RETROSCENA
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PALERMO – C’è una fetta di Sicilia ferma al Medioevo. In provincia di Agrigento vige ancora il feudalesimo.

Il potere spetta al mafioso che stabilisce la divisione e lo sfruttamento delle terre. Decide cosa deve essere coltivato e chi deve pascolare il bestiame. I proprietari delle terre subiscono (quasi) tutti in silenzio pur perdendoci soldi.

Calogero Rizzuto, capo mandamento Sambuca di Sicilia, lo ha messo a verbale davanti ai pubblici ministeri di Palermo quando ha scelto di collaborare con la giustizia: “La spartizione dei terreni per il pascolo risale ai tempi antichi. Un nuovo pastore può inserirsi solo se gli danno il permesso e se non disturba nessuno”.

Tradizioni arcaiche si tramandano: “Può andare da chi gestisce la famiglia mafiosa e chiedere il permesso”. Se qualcuno decideva di cambiare la destinazione d’uso del terreno poi “piangeva le conseguenze, sicuramente avrebbe subito qualche azione. Gli tagliano viti o altro, chi comanda nel senso mafioso non se la tiene”.

È il boss che comanda. Vito Bucceri, collaboratore di giustizia un tempo uomo d’onore della famiglia di Menfi racconta: “Ogni pastore ha la sua zona e ha il potere di decidere. Lo decide l’associazione, legge sul territorio. Mai nessuno si ribella, si fanno solo denunce contro ignoti. I proprietari dei terreni non si lamentano anche perché hanno paura e magari piangono dietro. Non esiste offrire un’offerta più alta per pascolo al posto di un altro”.

In realtà si sono aperte delle crepe nel muro di omertà fortificato dalla paura. I poliziotti hanno raccolta la testimonianza di alcuni proprietari terrieri: “Ho paura di rendere queste dichiarazioni e temo di poter avere ripercussioni su di me e sulla mia famiglia”.

I più temuti erano Pasquale Ciaccio e Piero Campo, entrambi di Santa Margherita Belice, arrestati nel blitz di oggi. Ciaccio, qualche anno fa, aspettava la scarcerazione per riprendersi il potere: “Dobbiamo essere uniti come una mano, con tutti come una mano, noi gli dobbiamo fare scoppiare il cuore ai villani, dobbiamo sfruttare tutto a 360 gradi”.

Erano anche arrivati ai ferri corti con il il cugino Ciaccio, ma alla fine avevano deciso di siglare la pace. Meglio gestire il potere che litigare. E i proprietari terrieri restavano sotto il giogo mafioso. “Ho continuato a concedere l’affitto dei terreni – ha raccontato uno di loro – anche ad un prezzo irrisorio che peraltro ad oggi non mi è stato ancora pagato. Purtroppo sono rassegnato a non guadagnarci nulla. Io ho paura di ritorsioni”.

A volte basta uno sguardo, o una frase: “A chi leva il pane ai bambini, levaci la vita”. E allora meglio tacere in questa fetta di Sicilia dove vige il feudalesimo mafioso.


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