PALERMO – Un passato turbolento, una nomea di “sbirro” che ha faticato a cancellare e gli spregiudicati interessi che avrebbe coltivato per le aste giudiziarie.
Figura strana quella di Angelo Stracuzzi, 58 anni, che i finanzieri hanno arrestato ad Hammamet in Tunisia dove si era rifugiato da qualche mese.
La Procura di Palermo avrebbe voluto arrestarlo lo scorso maggio, allora il giudice per le indagini preliminari respinse la richiesta. I pm hanno fatto ricorso in Cassazione, che lo ha accolto ma nel frattempo l’imprenditore originario di Licata era già latitante.
Sempre assolto dall’accusa di mafia, condannato solo per trasferimento fraudolento di beni ma senza l’aggravante mafiosa. Si arrivò però alla confisca dei beni.
Tra le contestazioni che gli venivano mosse anche il suo rapporto di fiducia con il capomafia della provincia di Agrigento Giuseppe Falsone durante la latitanza di quest’ultimo. Rapporto che, secondo i giudici, era dovuto ad una “comunanza di interessi criminali mafiosi” nel settore dell’edilizia.
Era stato furbo Stracuzzi. Aveva fatto alcune dichiarazioni agli investigatori. Sembrava un percorso di collaborazione genuino che gli era valsa la revoca della misura di prevenzione personale. L’apparenza ingannava, dissero gli investigatori.
Le sue dichiarazioni non solo non aggiungevano novità, ma “erano state addirittura motivate da un intento ritorsivo del medesimo Stracuzzi nei confronti dei capimafia Pasquale Cardella e Angelo Occhipinti, soggetti appartenenti a una fazione mafiosa opposta a quella della quale lo Stracuzzi era indiziato di appartenere”.
Qualcuno pensava di dimenticare il passato. Il mafioso Angelo Lauria diceva: “L’hanno interpellato… u munnizza… ad Angelo… e lo vogliono tirare per farlo socio…”. Lauria era di di diverso avviso, gli aveva rimproverato di essersi rivolto agli sbirri.
E ne discuteva proprio con Angelo Occhipinti che non era entusiasta perché “come lui ha sbagliato la prima volta può anche sbagliare la seconda volta, giusto?… questo mi voleva fare… mi voleva fare gettare le chiavi…”.
Nonostante le ombre, Stracuzzi era tornato in affari. Innanzitutto nascondendo alcune imprese sfuggite alla confisca e poi riuscendo a pilotare a proprio favore l’aggiudicazione di alcune aste giudiziarie. E qui si innesta una storia dai tratti inquietanti.
Il 16 marzo 2021 Calogero Sodano, amministratore unico della Soambiente srl con sede a Licata, iscritto a Libero Futurto e noto per le sue battaglie antiracket, denuncia che qualcuno ha sparato una raffica di colpi di pistola contro il resort che gestisce a Palma di Montechiaro e che ha comprato all’asta. Una notizia che rimbalza sui media.
Si inizia a indagare. Poche settimane prima Sodano ha deciso di partecipare all’asta per un capannone industriale. Offerta base: 620 mila euro. Qualche giorno dopo nella sede della Soambiente si fa vivo Stracuzzi. Il tono sarebbe minaccioso e il messaggio chiaro. Sodano non deve partecipare alla gara.
Ed invece Sodano presenta un’offerta e riceve una seconda visita di Stracuzzi: “… abbiamo detto una cosa che la dobbiamo andare ad aggiustare. Come la dovrei andare ad aggiustare la cosa io se tu ci partecipi scusa. Se ti abbiamo detto una mezza cosa. Quindi… importante che siamo tranquilli. Cioè giusto? Non è che mi ritrovo sorprese…“
Altrimenti, dice Stracuzzi, gli farebbe “prendere dispiaceri”. Ad aggiudicarsi il fabbricato è una società dietro cui, secondo i pm, ci sarebbe sempre Angelo Stracuzzi. E non è l’unica asta giudiziaria su cui si indaga.
I soldi all’imprenditore agrigentino arrestato in Tunisia non mancavano. Su questi adesso indagano i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Francesca Dessì e Claudio Camilleri.