E’ durato 683 giorni, il mandato del Ministro Sangiuliano. Appena dodici, i giorni, per consumare le sue dimissioni. Dodici giorni in cui l’Italia intera è stata costretta ad assistere a uno spettacolo impietoso. Un post su Instagram, corredato da un’immancabile foto, in cui una giovane bionda sorridente ringrazia il Ministro per la nomina a sua consigliera per i Grandi Eventi.
I più non lo avrebbero notato se non fosse arrivata una pronta e secca smentita da parte dello stesso Ministero. Da quel momento, un’escalation di botta e risposta, di interviste, di precisazioni, di puntualizzazioni con sorprendente tempismo mediatico, soprattutto da parte della consigliera in pectore.
Seppure, in generale, il clichè del potente e dell’amante furba, giovane e ambiziosa sia piuttosto ricorrente, in ogni tempo e in ogni luogo, la liaison Boccia/Sangiuliano rinvia a una amara sensazione di mortificazione delle istituzioni.
Da un lato c’è lei che si rivolge al Ministro, sottoponendolo apertamente a un’incalzante progressione di rivelazioni e arrivando, nel vortice delle polemiche che inevitabilmente finiscono per lambire la Presidenza del Consiglio, a rivolgersi direttamente alla stessa Premier.
Il tutto amplificato dalla cassa di risonanza dei social media, utilizzati dalla Boccia come una sorta di agorà pubblica in cui far sentire la sua voce per smentite in tempo reale, brandendo copie di mail, chat, ricevute di alberghi e carte d’imbarco, a riscontro di un ruolo cui per un soffio è mancata solo la formalizzazione da parte dell’apparato burocratico del Ministero.
Un comportamento frutto di una relazione sentimentale, oppure rancore per il mancato conseguimento del ruolo di “consigliera”? Questa è una domanda che alcuni si sono posti.
Quello che comunque rischia oggettivamente di passare, e non soltanto tra i suoi 113 mila follower, è che basta progettare, ricercare e, infine, in qualche modo, instaurare una relazione personale con il potente di turno per dischiudere strade altrimenti inaccessibili o per spalancare le porte dei palazzi del potere.
E quindi: banalizzazione delle emozioni, mercificazione delle dinamiche relazionali, precarietà, se non insussistenza, di ogni legame affettivo.
Certamente non si può scomodare Goethe che cercava di romanzare inspiegabili “affinità elettive”; le relazioni affettive e familiari, le abitudini sessuali rappresentano elementi in rapido cambiamento che danno luogo a codici di condotta diversi da quelli applicati dai nostri genitori o dai nostri nonni.
Quello che ieri dava scandalo, oggi è moda accettata senza remore. Eppure, rimani convinta che certi valori non hanno età. Innanzitutto il rispetto della donna verso se stessa.
Dall’altro lato, invece, c’è lui. Un Ministro della Repubblica, al centro di un discusso intreccio tra vita pubblica e privata. Tutto ciò a prescindere da eventuali responsabilità di tipo penale o erariale che verranno accertate nei contesti opportuni.
Un modus operandi che mal si concilia con le esternazioni, spesso retoriche, della classe politica sul rilancio dell’etica e della moralità pubblica. Quando, invece, è essenziale la coerenza tra parole e comportamenti.
Certe condotte, anche soltanto nel sospetto, aumentano la diffidenza dei cittadini verso le istituzioni e sviliscono il ruolo della classe dirigente, incrinando il rapporto tra la società ed i poteri pubblici.
L’articolo 54 della nostra Costituzione fissa un preciso modello di etica pubblica: “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.
E’ un richiamo forte, il più alto, al senso di responsabilità che dovrebbe connotare i comportamenti di chi è investito di un pubblico potere, destinati a riflettersi sull’immagine che di quella Istituzione giunge ai cittadini.
Parole ancora vive, per quanto possano apparire desuete. Perché chi svolge una pubblica funzione deve avere la consapevolezza di svolgerla in nome di tanti, per conto dei cittadini.
Certo, non deve privarsi della propria vita privata; ha diritto alle vacanze con la famiglia, gli amici, persino con l’amante. Ma provi un certo imbarazzo quando la vita privata di una persona diviene oggetto di curiosità ed invadenza. Quando questioni private diventano di pubblico dominio e oggetto di analisi impietose e distruttive da cui, talvolta, è difficile salvarsi. Il diritto alla privacy è una delle garanzie fondamentali del vivere civile, a tutela della dignità della persona.
Ma c’è un limite che è, in primo luogo, un limite di buonsenso. E’ naturale che la pubblica opinione si interessi anche della vita privata se questa riguardi aspetti che possano incidere sul corretto esercizio dell’incarico. La vicenda Sangiuliano non poteva rimanere una questione privata.
Tra pochi giorni ci sarà il G7, gli occhi del mondo saranno puntati sull’Italia. Utilizziamo al meglio questa straordinaria occasione per riabilitare l’immagine della nostra nazione.