Mario Angioletti non ce l’ha fatta. L’ultimo gesto di altruismo è la donazione degli organi. Dichiarata la morte cerebrale dell’elettricista morto dopo essere caduto da un’altezza di quattro metri.
I macchinari lo hanno tenuto in vita per rispettare le volontà che aveva manifestato in vita: aiutare gli altri qualora gli fosse successo qualcosa.
È morto sul lavoro a 35 anni. Lascia la moglie e due figlie piccole. Originario di Messina, viveva a Faro Superiore. Chi lo conosceva bene lo descrive come un grande lavoratore. Aveva due passioni: le moto e il calcio.
La prima è impressa nelle foto condivise sui social. La seconda la coltivava facendo l’arbitro. Durante le gare del weekend gli arbitri siciliani scenderanno in campo con il lutto al braccio. “Non ci sono parole per esprimere la grande tristezza che proviamo in questo momento”, dicono il presidente della sezione messinese dell’Aia Santino Morabito, i vice Alessandro Giusto e Salvatore Gatto, e il segretario Antonino Catanese.
“Grande papà, grande marito, grande lavoratore”, scrivono di lui gli amici. “Persona onesta e scherzosa come poche”, aggiungono altri. I più intimi lo chiamavo “Marietto”.
Un’amica, Serena, scrive: “Si dice che c’è un disegno per ognuno di noi. Io non lo capirò mai il perché di tutto questo. So solo che se n’è andata un’anima troppo bella, ovunque tu portavi una ventata di gioia”.