PALERMO – “Mi chiedo se sia un paese civile quello che ricopre con l’immondizia il sangue di mio fratello. E’ vergognoso, quel casolare è il luogo della memoria più importante della Sicilia che ha lottato contro la mafia”. E’ lo sfogo amaro di Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso dalla mafia a Cinisi il 9 maggio 1978.
Nel casolare in contrada Feudo, a Cinisi, Peppino Impastato fu massacrato, ma tra quelle mura dove ancora oggi in tanti vanno a ricordarlo, “é impossibile trovare tracce del sacrificio di Peppino, perché sembra una discarica, piena di escrementi, rifiuti e persino carcasse di animali – prosegue il fratello – tempo fa si era attivata la Regione per acquistarlo, ma il proprietario non ha accettato l’offerta; non sono a conoscenza del prezzo, so che l’ha ritenuto basso, ma ora chiedo che venga attivata la pratica di esproprio, per ripulirlo insieme ai volontari e metterlo a disposizione della società civile, come abbiamo fatto con Casa memoria”.
“Mi chiedono – aggiunge – di mettere almeno una targa, ma il tetto è rotto e il proprietario porta qui le mucche a pascolare. Qualche giorno fa mi sono recato sul posto insieme a una scolaresca di ragazzi del Nord, ma ho bloccato tutto perché ho provato vergogna. Non dico di mettere il tappeto rosso, ma il sindaco potrebbe almeno vigilare sulla pulizia facendo leva sul proprietario. E’ una questione di dignità, noi qui abbiamo trovato il sangue di Peppino”.