Agrigento, "guerra fra clan mafiosi". Deposito di droga dal dentista

Agrigento, “guerra fra clan mafiosi”. Il deposito di cocaina dal dentista

Due gruppi si contendono il potere

PALERMO – La provincia di Agrigento è una polveriera pronta ad esplodere. Le intercettazioni hanno registrato la parola “guerra”. I segnali sono preoccupanti: colpi di pistola e kalashnikov esplosi contro case e negozi, furgoni e scooter incendiati. La tensione tra i clan mafiosi è altissima.

La Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha deciso che non c’era più tempo da perdere. Bisognava intervenire con un provvedimento di fermo anche per recidere la rete di comunicazione che esiste con il carcere. I detenuti nelle celle hanno a disposizione dei cellulari con cui fanno addirittura delle videochiamate per dettare gli ordini.

Polveriera Agrigento

I carabinieri del Comando provinciale hanno ricostruito l’esistenza di due gruppi di potere. Uno fa capo alla famiglia di Porto Empedocle che sarebbe guidata da Fabrizio Messina, fratello ed erede del boss ergastolano Gerlandino.

L’altro avrebbe preso le redini del comando nella frazione agrigentina di Villaseta, sfruttando il vuoto di potere scaturito dall’arresto di Antonio Massimino. Il leader sarebbe Pietro Capraro. Ai suoi ordini agirebbero Gaetano Licata, Gabriele Minio e Guido Vasile.

I due gruppi non si sono pestati i piedi per lungo tempo. Avrebbero anche lavorato in sinergia seppure separatamente per importare droga dall’Italia e dall’estero. Ad un certo punto è iniziata una grande fibrillazione, ancora da inquadrare del tutto.

Qualcuno ha cominciato a non gradire il potere del gruppo di Agrigento-Villaseta. Il pregiudicato Agostino Marrali, dopo che gli è stato bruciato un furgone, ne avrebbe parlato con il detenuto James Burgio, esponente di spicco dalla criminalità organizzata e legato ad Antonio Massimino (è il compagno della figlia del capomafia che si trova al 41 bis).

Non è l’unico che aveva a disposizione un cellulare in carcere, tanto che nel provvedimento di fermo si parla di “sconcertante e sistematico utilizzo di apparecchi telefonici”.

“Due buchi alle gambe”

Marrali si sarebbe confrontato con Fabrizio Messina che non solo avrebbe negato un suo coinvolgimento nella storia del furgone, ma si sarebbe detto pronto a intervenire contro il gruppo di Villaseta.

Burgio sarebbe stato ancora più diretto: i villasetani andavano puniti. In particolare ce l’aveva con qualcuno che andava addirittura gambizzato. Si meritava di finire in ospedale con “due buchi alle gambe”.

“Si ammazzano fra loro”

“Si fanno la guerra tra di loro, si ammazzano fra di loro”, diceva un indagato che si sarebbe reso protagonista di un atto intimidatorio ed era pronto a ulteriori gesti eclatanti.

Negli ultimi mesi il clima si è fatto pesante. Colpi di arma da fuoco sparati contro portoni, case, furgoni bruciati, scooter incendiati. Forse perché in ballo ci sono i soldi della droga che ad Agrigento arriva dal Sud America passando da Belgio e Germania, a volte nascosta dentro le cassette della frutta.

Uno dei più attivi nel settore degli stupefacenti sarebbe Alfonso Tarallo. A metterlo in contatto con Fabrizio Messina e Vincenzo Parla sarebbe stato Angelo Graci, legato alla famiglia Gambino di New York. Tarallo avrebbe pure fornito supporto logistico ad un’organizzazione internazionale che produce droghe sintetiche mettendo a disposizione una serie di immobili a Genk, La Louvier, Chênée e Gingelom in Belgio.

La droga nella clinica dentistica

La mafia fa i soldi con gli stupefacenti. Un quadro che emerge anche da questa inchiesta coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Claudio Camilleri. I consumi sono alle stelle, servono continui rifornimenti e nuovi depositi per nascondere la cocaina. Uno sarebbe davvero insolito: la clinica odontoiatrica di Carmelo Corbo a Canicattì.


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