PALERMO – Dall’aula bunker del Maxiprocesso allo scranno più alto di Palazzo Madama. Sono passati 27 anni da quella mattina del 10 febbraio 1986, quando Piero Grasso sedette al fianco di Alfonso Giordano in qualità di giudice a latere del primo Maxiprocesso alla mafia. Da quella che fu presto ribattezzata come ‘l’astronave verde’, al termine di un processo lungo quasi due anni, vennero fuori 360 condanne per oltre 2.600 anni di carcere, ma soprattutto la certezza dell’esistenza della mafia come sistema criminale organizzato. Toccò a Grasso mettere nero su bianco le settemila pagine che composero le motivazioni di una sentenza storica che riguardò 475 imputati. Il primo ‘impatto’ con Cosa nostra, però, si era concretizzato nel 1980 con l’incarico, come magistrato di turno, delle indagini sull’omicidio dell’allora presidente della Regione, Piersanti Mattarella.
Nato a Licata l’1 gennaio 1945, Grasso inizia la sua carriera come pretore a Barrafranca, in provincia di Enna. Nel 1972 il trasferimento a Palermo, con il compito di occuparsi di reati contro la pubblica amministrazione. Nel 1992, dopo la collaborazione con la Commissione parlamentare antimafia e l’allora ministero di Grazia e giustizia, prende servizio, prima come sostituto poi come aggiunto, presso la Procura nazionale antimafia. Dopo la strage di Capaci sostituisce Falcone come componente della Commissione Centrale per i programmi di protezione di testimoni e collaboratori di giustizia.
Nel 1999 la nomina come capo della Procura di Palermo. Grasso guiderà gli uffici di piazza Vittorio Emanuele Orlando fino al 2005: anni di grandi successi nella lotta a Cosa nostra, con l’arresto di numerosi latitanti come Nino Giuffrè, ma anche di grandi polemiche e spaccature all’interno di una Procura divisa tra ‘caselliani’ e ‘grassiani’. La principale critica? La mancata circolazione di notizie. Lo scontro si acuisce con le indagini sull’allora presidente della Regione, Salvatore Cuffaro. Da un lato la linea del pm Gaetano Paci, deciso a incriminare il governatore per concorso esterno in associazione mafiosa, dall’altro Grasso, che archivia l’accusa più pesante e opta per il favoreggiamento. Nel 2005 l’approdo alla Procura nazionale antimafia, con il coordinamento delle più importanti indagini nei confronti delle mafie nazionali e straniere. L’11 aprile 2006, a conclusione di una strategia investigativa già iniziata quando era a capo della Procura di Palermo si arriva, dopo 43 anni di latitanza, alla cattura di Bernardo Provenzano. L’incarico di procuratore nazionale antimafia gli viene confermato per un secondo mandato nel 2010, fino alle elezioni politiche di quest’anno quando scende in campo con il Partito democratico.