Palermo, liste di attesa: scagionati i dipendenti al Policlinico

Liste di attesa: altro che furbetti, al Policlinico aiutavano i malati gravi

Archiviata l'inchiesta sui dipendenti del Cup

PALERMO – Tanto rumore per nulla. L’inchiesta sollevò lo scandalo e provocò il trasferimento degli addetti al Centro unico di prenotazione del Policlinico di Palermo. Ora è arrivata l’archiviazione.

La pesantissima ipotesi inziale è che i dipendenti avessero favorito dei pazienti in cambio di denaro per scavalcare le liste di attesa. Un’accusa venuta meno subito: nessun favore visto che i pazienti “favoriti” non erano reali. Nomi di fantasia, insomma. I casi contestati erano più di 140 tra il 2019 e il 2022.

Restava in piedi un interrogativo: perché i dipendenti prenotavano visite a presone che non esistevano? Il pubblico ministero ha fornito la risposta che non ti aspetti: era un modo per andare incontro ai pazienti veri aggirando l’inefficienza del sistema informatico.

Lo scandalo esplose a febbraio scorso. La direzione generale dell’Azienda ospedaliera universitaria di Palermo aveva denunciato il “malcostume” di alcuni operatori del Cup di bloccare la prenotazione di prestazioni sanitarie inserendo dei dati erronei – ad esempio i nominativi soggetti deceduti o codici fiscali inesistenti – che venivano annullati per poi prenotare nuovamente a nome di terzi che effettivamente usufruivano della prestazione. Così solo si potevano garantire la priorità per le diagnosi più delicate.

Finirono tutti sotto intercettazione. È vero che “manomettevano” il sistema, ma era per una buona causa. Era l’unico modo per “aiutare pazienti oncologici e fragili per il quale il sistema non restituiva una data dei tempi associati al loro tipo di ricerca”.

Uno degli indagati, Andrea Li Volsi, si è assunto la paternità dell’escamotage. Bloccare le prenotazioni con nomi di fantasia serviva anche ad evitare continue lamentele che a volte sfociavano in insulti e minacce. L’azienda era stata informata del problema tecnico tanto che successivamente il sistema informatico per le prenotazioni è stato cambiato.

Il pubblico ministero Giulia Falchi ha chiesto l’archiviazione per Patrizia Runfola, Andrea Li Volsi, Antonino D’Amico, Filippo Fazzelli, Sandro Calderona, Clotilde Guarnaccia (l’infermiera, difesa dall’avvocato Vincenzo Giambruno, fu coinvolta e scagionata nella terribile vicenda che portò alla morte di Valeria Lembo, uccisa da una dose killer di chemioterapia), Rosetta Sottile e Fabiola Citarda.

Il quadro indiziario raccolto, scrive il pm, “non consente di ritenere punibili le condotte poste in essere dagli odierni indagati, che agivano per ovviare ad un problema oggettivo, difficilmente superabile, rispetto al quale le loro sollecitazioni rimanevano inascoltate e che avevano esposto gli stessi finanche ad aggressioni verbali e fisiche”.

Ed ancora: “A ciò si aggiunga che la disinvoltura nell’inserimento e nell’utilizzo delle password di accesso al sistema informatico, manifestata e documentata dagli indagati, non consente di attribuire con certezza gli accessi abusivi ipotizzati a ciascuno di loro”.

L’avvocato Mariangela Cicero

Il giudice per le indagini preliminari Rosario Di Gioia ha accolto la richiesta e archiviato l’inchiesta. “Ritengo che l’interrogatorio del mio assistito, abbia fatto luce sulle vere ragioni che hanno mosso l’agire del dipendente addetto al Cup nell’esercizio delle sue funzioni. Li Volsi in particolare – spiega l’avvocato Mariangela Cicero – ha evidenziato che le condotte contestategli hanno rappresentato una prassi consolidatasi per sopperire alle evidenti ed inequivoche criticità del sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie. Con massima linearità e spirito di collaborazione con le finalità di giustizia, il signor Li Volsi ha spiegato nitidamente le modalità pratiche con cui ha operato, garantendo equità ad un sistema che necessitava di essere assolutamente rivisitato“.


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