La figura, appena oltre il recinto della chiesa, nella penombra, racconta: “E’ bello vedere tanta gente qui, stasera, allo Zen. Ci sono pure ragazzi del quartiere, anche se la maggior parte viene da fuori. Ma qui c’è tanta paura. Di notte, corrono con le macchine fino alle tre, con la musica ad altissimo volume. Non è vero che qui siamo violenti. Siamo palermitani perbene, aiutateci”. E si dilegua.
Altri oltrepassano l’ingresso della parrocchia di San Filippo Neri, in questo sabato speciale, per il raduno chiamato dagli arcivescovi di Palermo e Monraele, Corrado Lorefice e Gualtiero Isacchi, dopo il terribile omicidio di Paolo Taormina, assassinato da Gaetano Maranzano, esponente della parte peggiore dello Zen.
Il piazzale davanti alla parrocchia offre il colpo d’occhio di una moltitudine. C’è chi scruta il perimetro della chiesa, dall’esterno della cancellata. Giovanissimi, soprattutto, che osservano, ma non entrano nello spazio illuminato della celebrazione.

C’è un’altra figura, un papà che ha perso suo figlio in una diversa circostanza. Abbraccia il papà di Paolo e gli dice: “Pure io piango per il mio ragazzo”. Si stringono forte. Spuntano abbracci ovunque. L’arcivescovo Lorefice abbraccia i familiari, seguito dal sindaco. Ci sono poche parole per tentare di spiegare il momento. I gesti esprimono il necessario. Ecco Cetty, mamma di Sara Campanella, la studentessa vittima di femminicidio, allo Zen per portare il segno di una sincera solidarietà. Si abbraccia con la mamma di Paolo, Fabiola.

“Tantissima gente perbene”
“Il quartiere viene additato in maniera banale e violenta – dice il parroco, padre Giovanni Giannalia -. C’è tantissima gente disposta a fare il bene e farlo qui è più faticoso che altrove. La violenza giovanile preoccupa: tre morti a Monreale, uno a Palermo. La situazione è fuori controllo, un’emergenza. Certi personaggi non devono apparire come dominanti, altrimenti scatta l’emulazione. Io un prete di frontiera? Tutti i sacerdoti lo siamo. Ovunque incontriamo il male e dobbiamo combatterlo”.
“Le periferie sono costruite dagli uomini, certe conseguenze derivano dal fatto che non riusciamo a mettere al centro ogni persona. Si tratta di cambiare stile, una città deve ripartire dal basso. C’è una impostazione sbagliata della nostra vita, a partire dall’economia del profitto, dall’indifferenza, dall’autoreferenzialità”, dice ai giornalisti Don Corrado, l’arcivescovo Lorefice, ancora una volta vicino al suo popolo.
“Siamo qui – continua – non per condannare il quartiere, ma per dire la verità: dove c’è una convivenza umana, ci siamo tutti. E se succedono alcune cose, la responsabilità riguarda tutti. Facciamo arrivare il messaggio che non è vero che Dio ci limita, senza Dio sta succedendo tutta questa violenza. Non ci stiamo guadagnando senza Dio. Stiamo diventando idolatri”. Frasi che verranno ripetute nell’introduzione del momento di preghiera.

La paura di ogni giorno
“Questi ambienti appartengono all’umano, a tutti coloro che vogliono costruire realazioni positive. Ho viste tante persone ed è un bel segnale. L’idea è quella di affermare che è possibile essere presenti in alcuni luoghi in modo diverso. Non è il luogo che crea il disagio, ma è il disagio che abbatte un luogo. Una soluzione non può essere solo quella emergenziale di una maggiore presenza delle forze di polizia, credo che sia importante la presenza di una umanità nuova”, dice l’arcivescovo Monreale, Gualtiero Isacchi.
C’è il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla: “I quartieri cosiddetti periferici, anche se a me il termine non piace, sono e continueranno a essere al centro dell’impegno dell’amministrazione comunale. Non tutto può essere trasformato in un giorno. Però noi contiamo entro la fine della legislatura di dare dei segnali”.
La zona luminosa della parrocchia risuona di canti, letture, preghiere. Intorno, sguardi incuriositi che non oltrepassano la cancellata. All’esterno, la vigilanza delle forze dell’ordine si dispiega abbondantemente. Passa solo una macchina con l’audio al massimo volume e una carrellata di repertorio neo-melodico. Poi, anche la luce della celebrazione si spegne.
L’appuntamento di una speranza invocata a gran voce è riuscito. Tante città separate si sono incontrate nelle stessa città. Ma cosa sarà delle anime coraggiose dello Zen, quando Palermo tornerà a voltarsi dall’altra parte? Chi darà conforto alla paura di ogni giorno?
Scrivi a direttore@livesicilia.it

