Brancaccio, chi sono i boss "boss" condannati. Assolto il politico

Brancaccio, “boss” condannati. Assolto il politico arrestato prima del voto

I due principali imputati sono dei volti noti. I NOMI

PALERMO – L’elenco dei condannati si apre con Giuseppe Arduino: 18 anni di carcere. Scarcerato nel 2020, dopo nove anni di reclusione, avrebbe preso in mano le redini del mandamento di Brancaccio. La pena più pesante è stata inflitta a Vincenzo Vella: 32 anni.

Francesco Lombardo
Francesco Lombardo, candidato al consiglio comunale di Palermo

Assolto il politico Francesco Lombardo, arrestato alla vigilia delle elezioni amministrative del 2022 dov’era candidato con Fratelli d’Italia. La Procura aveva chiesto la condanna a 7 anni.

Le altre condanne

Queste le altre pene decise ieri, venerdì 28 novembre, dal giudice per l’udienza preliminare Patrizia Ferro: Alessio Salvo Caruso 10 anni (scampato all’agguato in cui fu ucciso Giancarlo Romano), Giuseppe Chiarello 12 anni e 8 mesi, Damiano Corrao 9 anni, sei mesi e 20 giorni, Sebastiano Giordano 13 anni e 4 mesi, Settimo Turturella 11 anni, 6 mesi e 20 giorni, Giovanni Iannitello 4 anni, Giulio Matranga 6 anni e 8 mesi.

Assolto Antonio Mazzè (6 anni era la richiesta di pena)“.

Cade lo scambio elettorale politico-mafioso

Non regge l’accusa dello scambio elettorale politico-mafioso. Lombardo era imputato in concorso con Vincenzo Vella di corso dei Mille. Anche per il mafioso, difeso dall’avvocato Tommaso De Lisi, l’accusa non ha retto, mentre è arrivata la condanna per avere avuto un ruolo guida a Brancaccio. La pena complessiva raggiunge – tra aggravanti, recidiva e una precedente sentenza – i 32 anni, di cui 22 in questo processo. Un calcolo che, codice alla mano, potrebbe nascondere delle inesattezze.

A svelare la richiesta di appoggio elettorale era stato un trojan piazzato nel telefono del boss, che era stato da poco scarcerato per un cavillo dopo una condanna a 20 anni per associazione mafiosa.

L’intercettazione

“Me li raccogliete una ventina di voti?”, diceva Lombardo. “Tu personalmente sì”, rispondeva Vella. Secondo l’accusa, Lombardo, che di mestiere fa il geometra, sarebbe stato al corrente dello spessore criminale di Vella, e avrebbe messo sul piatto la propria disponibilità: “Non mi sono messo sempre a disposizione con voialtri a prescindere della politica?”. Vella lo tranquillizzava: “Quelli nostri tutti li prendi”. “Se salgo io… io sono in commissione urbanistica, all’urbanistica… sono all’edilizia privata, hai capito che appena qua c’è un problema io… e tu mi chiami”, concludeva Lombardo davanti a una bancarella di frutta verdura in corso dei Mille.

Lombardo, difeso dagli avvocati Giovanni Rizzuti e Pasquale Contorno, spiegò di avere chiesto sostegno elettorale perché conosceva il genero di Vella da tempo. Era sua la bancarella dove fu filmato l’incontro. “Cercavo i voti per la mia campagna elettorale, ma di certo non li ho chiesti alla mafia”, aggiunse. “Né prima né dopo quel giorno” ci furono altri rapporti o incontri.

L’accusa era già caduta davanti al Tribunale del Riesame. Il candidato al Consiglio comunale si era riovolto alla famiglia di sangue del boss (“Voialtri siete una sassulata”, nel senso di numerosi) per ottenere consensi e non a quella mafiosa.

Giuseppe Arduino

Gli imputati furono coinvolti nel blitz coordinato dall’allora procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti Francesca Mazzocco, Gaspare Spedale e Giacomo Brandini.

Giancarlo Romano, assassinato da Camillo Mira, reo confesso del delitto (avrebbe fatto fuoco per evitare di essere ammazzato) era considerato un “astro nascente del mandamento di Brancaccio“. Nell’elenco degli arrestati avrebbe dovuto esserci anche il suo nome, ma era stato freddato prima che scattasse il blitz. Il giorno in cui è stato ammazzato era andato a reclamare la quota imposta alla famiglia Mira che gestiva il giro di scommesse. Le telecamere hanno immortalato scene da Far West.

L’indagine si concentrò sulle famiglie di Brancaccio, Roccella-Guarnaschelli e Corso dei Mille. Nel 2011, fino al giorno del suo precedente arresto, Giuseppe Arduino occupava il gradino sotto i triumviri della mafia di Brancaccio: Cesare Lupo, Antonino Sacco e Giuseppe Faraone.

Un tempo era un insospettabile portiere d’albergo, poi ha atteso in carcere il suo turno. Nel 2020, finita di scontare una condanna a 10 anni, avrebbe preso in mano lo scettro del potere.

La regola del pizzo a Brancaccio

Hotel, officine meccaniche, bar, venditori ambulanti di street food: il pizzo si pagava a tappeto. Regnava il silenzio fra gli operatori economici che considerano le estorsioni come il male minore o, addirittura, un gesto di solidarietà. Si pagava e si paga per paura, ma anche per convenienza e connivenza.

Una dozzina le estorsioni ricostruite dai poliziotti della squadra mobile. Ci sono solo tre vittime parti civili: l’imprenditore edile Giuseppe Piraino (di recente indagato per una presunta truffa sui bonus edilizi), i proprietari dell’immobile che ospita un hotel (assistiti da Addiopizzo) e il capo di un cantiere che ricevette la visita degli uomini del racket.

Gli è stato riconosciuto un risarcimento dei danni così come le altre parti civili: Sportello di solidarietà, Federazione antiracket, Rete per la legalità Sicilia, Sos impresa,. Solidaria, Comune di palermo, Centro studi Pio La Torre, Assoimpresa, Confesercenti, Confcommercio.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI