"Una legge per lo sviluppo | per attrarre investimenti" - Live Sicilia

“Una legge per lo sviluppo | per attrarre investimenti”

Per il ciclo di interviste sulle priorità da affrontare per il rilancio della Sicilia, parla il presidente di Confindustria Antonello Montante: "Speriamo che le Istituzioni non rimangano sotto scacco di una minoranza sparuta di politici miopi e inesperti. Altrimenti, meglio tornare a votare"

Intervista ad Antonello Montante
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PALERMO – Uno spirito costruttivo e responsabile per adottare provvedimenti concreti che accompagnino la Sicilia sulla strada dello sviluppo. È quanto chiede alla politica la Confindustria siciliana guidata da Antonello Montante. Che in merito al ginepraio di polemiche e conflitti in cui sembra essersi impantanato il Parlamento regionale osserva: o si riesce a superarli, o è meglio resettare tutto tornando al voto.

Quali sono le misure più urgenti a vostro avviso da approvare da qui a fine anno per il bene della Sicilia?
“Quello che non possiamo più rimandare è la legge sullo sviluppo, che pianifichi in modo autentico ed efficace lo sviluppo in Sicilia. So che ci si sta lavorando e che all’interno c’è la semplificazione amministrativa, il marketing territoriale, una visione di politica industriale. Questa deve essere la prima mission per le Istituzioni regionali. Anzi, vorrei chiedere una cosa ai parlamentari”.

Cosa?
“Che vengano al tavolo unico che abbiamo costituito con le altre associazioni datoriali e che ci presentino i provvedimenti che hanno proposto, se ne hanno proposto qualcuno, per le piccole e medie imprese del commercio, dell’artigianato, dell’industria e dell’agricoltura. In modo di poterne parlare insieme, anche con i sindacati, senza demagogia e toni propagandistici. Ci raccontino cosa hanno fatto fin qui per lo sviluppo e contro la disoccupazione, e confrontiamoci”.

Sviluppo, quindi, come priorità. E poi?
“La seconda priorità è quella di una politica che crei una nuova immagine della Sicilia. Che fino a oggi è stata individuata come una terra che ha vissuto per anni di clientele, di mercato assistito, di incroci tra poteri paralleli allo Stato, affari e politica. L’immagine della Sicilia è stata massacrata, si è divulgato un messaggio distorto secondo il quale in Sicilia non si può più investire”.

E come si interviene sull’immagine, dal suo punto di vista?
“Governo e parlamento devono farlo insieme. Utilizzando modelli virtuosi. Faccio un esempio: se l’Eni decide di investire 800 milioni a Gela vuol dire che la Sicilia è ancora attrattiva, in un momento in cui tanti scappano”.

Lei fa riferimento all’impegno sul fronte della legalità?
“Piuttosto che di legalità, preferisco parlare di ripristino della normalità. Non è possibile ancora lavorare o concentrarci su quello che gli altri non devono fare. Pensiamo invece tutti a fare bene e a puntare sul mercato e sul merito”.

Mercato e merito sono due parole che suonano quasi come chimere in Sicilia. Da dove cominciare perché trovino cittadinanza a queste latitudini?
“Io voglio essere positivo. Oggi abbiamo un punto di forza. Che le associazioni maggiormente rappresentative sono insieme nello stesso tavolo dove si confrontano con pari dignità. E insieme a una politica sana, le parti sociali possono davvero ricostruire tutto da capo. Azzerando pettegolezzi e competizioni continue, che monopolizzano il dibattito come se ci fossero perennemente elezioni politiche dietro l’angolo”.

E se invece non si dovesse uscire da questa situazione di conflittualità?
“Se questo non è possibile, ma io voglio credere che lo sia, invece di correre tutti dietro alla pallina della polemica quotidiana, è meglio che si vada tutti a votare. Se si vuole farla finita, il Parlamento voti la sfiducia al governo e si resetti tutto. Ma lo facciano tutti insieme. Così passeremo da 90 a 70 deputati e possiamo auspicare che la maggior parte di quanti la pensano in maniera obsoleta e arcaica vada a casa. Magari per lasciare posto a giovani. Anche se non basta essere giovani: servono rivoluzionari con idee e non si deve parlare più di interessi privati. Perché noto movimenti politici che dovrebbero rappresentare il nuovo, la speranza di tutti, e che invece sono più vecchi degli altri. Invece di concentrarsi sui problemi del Paese, puntano a interessi particolari o molto localistici senza una visione complessiva”.

Qual è il suo giudizio sul governo?
“Se noi andiamo a vedere i singoli rappresentanti del governo sono tutti bravi. C’è un presidente concentrato nella rottura dei vecchi meccanismi. E inoltre ci sono importanti componenti dell’Assemblea regionale che possono rappresentare il futuro. Insomma, le condizioni per lavorare per lo sviluppo ci sarebbero. Ma i misunderstanding tra governo e correnti mi fanno pensare che forse resettare e andare tutti a casa non sarebbe male”.

Nei giorni scorsi il presidente della Regione ha ricevuto i sindacati per riavviare un confronto con le parti sociali…
“Questo è un fatto sicuramente molto positivo”.

Negli ultimi anni tra associazioni datoriali e sindacati abbiamo registrato momenti di collaborazione, in Sicilia anche particolarmente d’impatto come in occasione della marcia del primo marzo. Com’è stato possibile questo tipo di collaborazione?
“C’è un’intesa che non è certo un inciucio, semplicemente abbiamo capito tutti che più imprese sane significa più lavoratori. Non solo. Abbiamo anche capito che non bisogna mettersi insieme solo quando c’è da fare il funerale alle imprese, ma dobbiamo farlo per collaborare a un piano di sviluppo, per puntare alla crescita”.

Uno spirito di collaborazione che fin qui non si è riuscito ad affermare nella politica siciliana. Perchè, secondo lei?
“Vede, noi abbiamo a lungo ragionato insieme, prima e dopo quel primo marzo: lavorare insieme, con pari dignità, senza mettere in gioco le leadership, mettendo insieme le competenze. Era impensabile forse fino a qualche tempo fa che Confindustria, Confesercenti artigiani, cooperative discutessero così insieme. Ma oggi, di fronte a questo momento di difficoltà, non è tempo di una guerra dei poveri. La politica stenta a capirlo: troppe competizioni, troppe rivalità e vendette. E si sta perdendo di vista il bene comune. E allora, o tutti insieme fanno uno sforzo, con una riflessione seria sul da farsi oppure meglio un reset. Anche se tornare a votare sarebbe un sacrificio e un costo per i siciliani. Ma lo sono anche questi teatrini”.

Lei sa che l’idea che i deputati sanciscano la fine della legislatura è difficilmente realizzabile. E che l’istinto di conservazione normalmente prevale. La sua è una provocazione?
“Guardi, io credo che la maggioranza dei deputati al Parlamento abbiano competenze e siano persone che possono dare un contributo importante. Speriamo che non rimangano sotto scacco di una minoranza sparuta di politici miopi e inesperti”.


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