"Berlusconi per arrivare a Craxi | Volevamo colpire De Benedetti" - Live Sicilia

“Berlusconi per arrivare a Craxi | Volevamo colpire De Benedetti”

Giovanni Brusca

Continua la deposizione del pentito Giovanni Brusca, che parla anche dei rapporti con Vittorio Mangano e Marcello Dell'Utri, oltre che del fallito attentato dello stadio Olimpico contro i carabinieri. "La sinistra sapeva delle stragi".

milano, il processo sulla trattativa
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MILANO – Riprende con il fallito attentato ai carabinieri allo stadio Olimpico di Roma l’esame del pentito Giovanni Brusca che, da ieri, sta deponendo nell’aula bunker di Milano al processo sulla trattativa Stato-mafia. Il collaboratore di giustizia ha riferito di avere saputo da Gaspare Spatuzza, allora reggente del mandamento mafioso di Brancaccio, ora anche lui pentito, che il capomafia Giuseppe Graviano sosteneva la necessità di colpire i carabinieri “così si sarebbero portati un po’ di morti dietro”.
“Dopo le bombe del ’93 – ha spiegato Brusca – quello doveva essere l’ultimo colpo per spingere chi aveva ricevuto il papello a tornare a sedersi al tavolo della trattativa”. “Solo anni dopo, leggendo sui giornali del coinvolgimento dei carabinieri nella trattativa – ha spiegato – capii a cosa si riferiva”. Brusca avrebbe parlato del progetto di attentato anche con il boss Matteo Messina Denaro. “Mi disse – ha raccontato – che fino ad allora non avevamo ottenuto nulla, facendo riferimento ai carabinieri, e che qualcuno si doveva fare avanti per venire a trattare”.

BERLUSCONI E CRAXI
“Nel 1991 – ha raccontato ancora Brusca – c’era interesse a contattare Dell’Utri e Berlusconi perché attraverso loro si doveva arrivare a Bettino Craxi, che ancora non era stato colpito da Mani Pulite, perché influisse sull’esito del maxiprocesso”. Brusca ha anche parlato dell’attentato a Berlusconi fatto dal boss Ignazio Pullarà che riscuoteva dall’imprenditore milanese 600 milioni l’anno di pizzo. “I soldi – ha spiegato – poi venivano spartiti”. Dopo l’attentato, fatto senza l’autorizzazione di Cosa nostra, Pullarà viene sostituito alla guida del mandamento da Carlo Greco. Brusca ha indicato in Greco, vicinissimo al boss Bernardo Provenzano, e nel capomafia Raffaele Ganci, gli uomini di Cosa nostra che potevano avere contatti con Dell’Utri.

MANGANO E DELL’UTRI
“Nel ’93, d’accordo con Leoluca Bagarella, incaricammo Vittorio Mangano di andare da Berlusconi e Dell’Utri per affrontare intanto il problema del carcere duro, che andava indebolito, e poi di avviare contatti per fare leggi nell’interesse di Cosa nostra, altrimenti avremmo proseguito con la linea stragista. Lui fu contento di andarci e ci disse che era un modo per riprendere i rapporti con loro, che erano rimasti buoni nonostante lui avesse dovuto lasciare la villa, e per curare gli interessi di Cosa nostra. Dopo 10 giorni mi disse che aveva incontrato Dell’Utri in un’agenzia di pulizie di una persona che lavorava per la Fininvest e che gli era stato detto ‘vediamo cosa si può fare'”. Brusca manda a Dell’Utri anche un messaggio politico. “Dissi a Mangano – ha raccontato – di riferirgli che dei fatti del ’93 la sinistra sapeva e che poteva usare questa cosa visto che ora incolpavano lui delle stragi”.
“Il nostro messaggio era diretto a Berlusconi ma Mangano incontrò solo Dell’Utri”, ha aggiunto Brusca che ha spiegato che, all’epoca, Cosa nostra cercava di agganciare un nuovo soggetto politico. “Dopo avere ripreso i rapporti con Dell’Utri – ha continuato – Mangano mi disse che avrebbe dovuto incontrare direttamente Berlusconi che doveva venire a Palermo per un comizio. Si sarebbero dovuti vedere nello scantinato di un ristorante sulla circonvallazione, ma non so se l’incontro ci fu”.

LA SINISTRA E LE STRAGI
“La sinistra, a cominciare da Mancino, ma tutto il governo, in quel momento storico, sapeva quello che era avvenuto in Sicilia: gli attentati del ’93, il contatto con Riina. Sapevano tutto – ancora Brusca -. Che la sinistra sapeva lo dissi a Vittorio Mangano quando lo incontrai”. Gli dissi anche: “I Servizi segreti sanno tutto ma non c’entrano niente”. “Mangano – ha continuato – comprese e con questo bagaglio di conoscenze andò da Dell’Utri”.

LA CATTURA DI RIINA
“Ringrazio il generale Mori per avere fatto fare la fine del topo a Riina”: il pentito Giovanni Brusca conclude così il lungo controesame fatto dall’avvocato Basilio Milio, legale del generale Mario Mori, tra gli imputati del processo sulla trattativa Stato-mafia. Ma la battuta del collaboratore di giustizia non è piaciuta al presidente della corte d’assise, Alfredo Montalto, che celebra il dibattimento che ha stoppato Brusca invitandolo a non fare simili considerazioni. Mori, ex vicecomandante del Ros dei carabinieri arrestò il boss corleonese. Nella ricostruzione della Procura la cattura sarebbe frutto dell’intervento del capomafia Bernardo Provenzano che avrebbe consegnato il compaesano ai carabinieri in nome della trattativa stretta con pezzi dello Stato e ottenendo in cambio l’impunità per anni.

DE BENEDETTI
“Dovevamo costruire un altro progetto politico perché non avevamo più Andreotti e dovevamo indebolire la sinistra. Un modo per indebolirla era colpire chi la sosteneva, cioè Carlo De Benedetti”. Lo ha rivelato il pentito Giovanni Brusca deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia, svelando l’intenzione di Cosa nostra di eliminare l’editore. Il collaboratore ha aggiunto di avere parlato con Riina del “progetto poi mai concretizzato di rimuovere ‘l’ostacolo”.

(Fonte ANSA)


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