PALERMO – Processo da rifare. Cadono cinque ergastoli per l’omicidio del boss Nicola Ingarao. Lo ha deciso la Cassazione che ha annullato la sentenza della Corte di assise d’appello di Palermo che aveva inflitto il carcere a vita a Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Andrea Adamo, Francesco Paolo Di Piazza e Vito Mario Palazzolo.
Non si conosce la motivazione dei Supremi giudici, ma il ricorso degli avvocati è stato un attacco frontale alla ricostruzione dell’accusa: dalle dichiarazioni dei pentiti – da cui emergerebbero delle contraddizioni – alla mancata acquisizione di alcune videoriprese decisive per le indagini. Cosa avrà pesato sull’annullamento si saprà solo fra qualche mese, intanto si registra il successo degli avvocati Carlo Catuogno, Alessandro Campo, Jimmy D’Azzò, Alfredo Gaito, Bartolomeo Parrino e Rosanna Vella.
Il reggente del mandamento di Porta Nuova fu assassinato in una stradina del rione Noce, il 13 giugno del 2007, da un commando di killer all’uscita dal commissariato dove, come ogni giorno, era andato ad adempiere l’obbligo di firma. Scarcerato mesi prima aveva preso in mano lo scettro del comando entrando in conflitto, secondo l’accusa, con i Lo Piccolo, boss di San Lorenzo.
Per il delitto sono stati processati separatamente anche i pentiti Gaspare Pulizzi e Andrea Bonaccorso. Sono stati loro a raccontare movente e dinamiche dell’omicidio. Pulizzi e Bonaccorso lo affiancarono in moto e fecero fuoco. La vittima tentò la fuga, ma gli spararono il colpo di grazia alla nuca. La morte del boss sarebbe stata decisa qualche mese prima dai Lo Piccolo per dare una lezione a Nino Rotolo, boss di Pagliarelli, di cui Ingarao era fedele alleato. E rischiò di scatenare una guerra di mafia in città.
“Dovevamo intervenire in macchina e poi sparare con i fucili a pompa o dei kalashnikov – raccontò Bonaccorso ai magistrati -. Doveva essere una lezione in grande stile. Poi, considerata anche la zona, i Lo Piccolo preferirono le moto e le pistole”. Bonaccorso riferì anche dei “festeggiamenti” dopo l’omicidio. “Ci siamo visti a casa di Di Piazza dove abbiamo posato le armi – disse -. Eravamo tutti molto contenti. C’erano anche Sandro Lo Piccolo, Vito Palazzolo, Andrea Adamo. Ci siamo abbracciati e complimentati a vicenda perché era andato tutto bene. In particolare Adamo era felice di come mi ero comportato, perché avevo avuto sangue freddo. Per me era la prima volta”.
Nel corso del processo di primo e secondo grado, in cui gli ergastoli sono stati prima inflitti e poi confermati, l’avvocato Parrino, difensore di Palazzolo, ha sollevato la questione della mancata acquisizione di alcune immagini. Un investigatore, infatti, ha raccontato in aula che sulla casa dell’imputato erano puntate due telecamere rimaste accese prima e dopo il delitto. Telecamere che avrebbero dovuto, dunque, riprendere gli incontri preparatori dell’agguato e i festeggiamenti a esecuzione avvenuta. Le immagini, però, non fanno parte del fascicolo processuale. Fu merito degli avvocati Catuogno e D’Azzò, invece, una ricostruzione quasi cinematografica di quanto accaduto sul luogo del delitto.