La latitanza di Messina Denaro | fra ipotesi di calunnie e favori - Live Sicilia

La latitanza di Messina Denaro | fra ipotesi di calunnie e favori

L'identikit di Matteo Messina Denaro

Il sottufficiale dei carabinieri Saverio Masi aveva puntato il dito contro i suoi superiori: "Potevo arrestare il latitante". Ed è stato denunciato per calunnia. Una complicata vicenda giudiziaria si arricchisce di un nuovo capitolo. E di una nuova spaccatura in Procura.

PALERMO – È un atto dovuto. Basta e avanza, però, per aggiungere un nuovo capitolo ad una storia giudiziaria già complicata.

Saverio Masi è indagato per calunnia e diffamazione nei confronti di alcuni ufficiali dell’arma che, a suo dire, gli avrebbero impedito di arrestare Matteo Messina Denaro. L’inchiesta è stata aperta dalla Procura di Palermo dopo la denuncia presentata dagli stessi ufficiali che, a loro volta, potrebbero presto essere iscritti nel registro degli indagati per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Si tratta dei colonnelli Giammarco Sottili e Francesco Gosciu, un tempo al vertice del Nucleo e poi del Reparto operativo dei carabinieri di Palermo, e del maggiore Michele Miulli . Anche nel loro caso sarà un atto dovuto. Nel frattempo si è consumata una spaccatura in Procura perché i pm titolari delle indagini, Maurizio Agnello e Gaetano Paci si sono astenuti dalla prosecuzione delle indagini perché, alla luce dei rapporti professionali e personali intrattenuti con gli ufficiali in delicate indagini del passato, di potere procedere contro di loro. La faccenda ora è in mano al procuratore Francesco Messineo e all’aggiunto Teresa Principato.

Masi riferì che nel marzo 2004, a Bagheria, mentre girava in auto, una macchina gli tagliò la strada. A bordo c’era, secondo il militare, Matteo Messina Denaro. Lo seguì fino ad una villa e scoprì che il latitante di Castelvetrano aveva un appuntamento con una donna. A quel punto Masi stilò una relazione di servizio. Il maresciallo, che ora è nella scorta del pm Nino Di Matteo che indaga sulla trattativa Stato-mafia, avrebbe chiesto l’autorizzazione a proseguire le indagini, ma i superiori gli avrebbero chiesto di cancellare dalla relazione l’identità del proprietario della villa e quella della donna.

Masi, testimone al processo sul presunto e scellerato patto fra boss e pezzi delle Istituzioni, è stato condannato per falso materiale e truffa a sei mesi dalla corte d’appello di Palermo per una vicenda legata a una contravvenzione. Avrebbe cercato di farsi togliere una multa, producendo una relazione in cui si attestava che al momento dell’infrazione era in servizio con l’auto privata. Una sentenza che in tanti, specie tra coloro che aderiscono al movimento delle Agende Rosse, accolsero al grido “vergogna”.

Dopo la denuncia di Masi, Sottili, oggi alla guida della Legione carabinieri Sardegna, passò al contrattacco, ricordando i “successi’ investigativi” messi a segno dalla sua squadra: tra questi l’inchiesta sul riciclaggio del tesoro di Vito Ciancimino che coinvolse il figlio Massimo e quella sulle talpe in Procura, che portò poi alla condanna dell’ex governatore siciliano Totò Cuffaro e di alcuni sottufficiali dei carabinieri e della Finanza. Il tutto per difendere il lavoro di “uno splendido nucleo di 180 uomini, coraggiosi e capaci” da contrapporre a quelle che definì, senza giri di parole, “chiacchiere”.

 


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