PALERMO – Opinioni divergenti alla Procura di Palermo sulla legalizzazione delle droghe leggere, un argomento venuto furi nel corso della conferenza stampa sugli arresti dei pusher della Zisa. “Il mercato delle droghe leggere è talmente fiorente – ha detto il procuratore aggiunto teresa Principato – che se fossero legalizzate si darebbe un duro colpo all’economia delle organizzazioni criminali. Basterebbe che fossero controllate”.
Da quanto affermato durante l’incontro con i giornalisti, ha preso le distanze il procuratore Francesco Messineo: “Naturalmente questa è la posizione dell’aggiunto e non della Procura”, ha sottolineato. Due posizioni diverse, due opinioni divergenti. Espresse a margine dell’incontro in cui sono stati forniti tutti i dettagli dell’operazione “Horus”, che ha condotto a trentadue arresti.
Filmati dai carabinieri ben 2.322 episodi di spaccio in soli 75 giorni di osservazione tra i vicoli del quartiere “Zisa” Ognuno degli arrestati aveva un ruolo prestabilito. In azione, nel corso dell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai sostituti Sergio Barbiera e Sirio De Flammineis, ducento militari dell’Arma. Gli arrestati devono rispondere, a vario titolo del reato di acquisto, detenzione, trasporto, commercio, cessione, vendita ed illecita detenzione di sostanza stupefacenti.
“Le indagini – ha sottolineato Messineo – sono state svolte con l’utilizzo di telecamere, collocate tutte in punti strategici della zona. Era l’unico modo possibile per accertare questa attività che veniva portata avanti come se fosse un vero e proprio “Drive in” con auto in fila, a turno per l’acquisto della droga. Non appena un pusher si allontanava, ne subentrava subito un altro”.
“Una rete capillare – ha aggiunto il colonnello dei carabinieri Entrico Scandone, agevolata dalle strade strette, dai vicoli conosciuti a memoria dagli spacciatori. L’organizzazione – prosegue – poteva contare sul silenzio del vicinato, visto che mai nessun residente ha denunciato nulla alle forze dell’ordine ed è possibile vedere, dai video, come i pusher spacciassero al fianco dei bambini, spesso parenti, abituati e forse ormai assefuatti ad assistere agli scambi”
“La marijuana – precisa invece il maggiore dei carabinieri Del Campo – veniva coltivata anche in casa, ormai metodo diffuso. Veniva suddivisa in dosi e smerciata al dettaglio. Non sono mancati gli episodi di “ostruzionismo” alle indagini da parte dei residenti, basti pensare che durante il periodo di osservazione, trovammo una ventina di telecamere che avevamo collocato, distrutte. Furono poi rimosse e naturalmente riposizionate”.