Preparatevi alla lettura di questo articolo con gesti scaramantici ed altre forme di scongiuro. Parleremo dei significati non espliciti dei necrologi, annunzi, come è noto, con i quali si comunica la morte (pudicamente definita quasi sempre scomparsa) di una persona. Che nei necrologi vola in Cielo, è chiamata in cielo, raggiunge qualcuno in cielo e così via. Descritta sempre con aggettivi di riconoscenza: esemplare, indimenticabile, fedele.
La morte è democratica, agisce da livella, ci ricordava Totò. Il necrologio però è l’ultima distinzione pubblica di status, di classe d’appartenenza, di patrimonio disponibile. Il vero potere di cui ha goduto un soggetto si misura nel necrologio che comunica il suo distacco dalla vita terrena. Meglio, dalla grandezza del necrologio, dalla quantità, dalla diffusione del quotidiano sul quale compare (in questo campo c’è un rigido oligopolio nel cui cartello entrano anche le Agenzie di Pompe Funebri), dal numero di giorni nei quali l’estinto sarà ricordato, dallo stile letterario e grafico dei necrologi. In quest’ultimo senso, quelli degli appartenenti alla massoneria sono veri e propri capolavori con i loro simboletti esoterici disposti in bell’ordine, nei quali sembra scritta quasi una confessione in punto di morte: si, è vero, sono stato un autentico massone (cosa del resto risaputa da tutti, compresa la loggia di appartenenza).
Ma c’è un altro aspetto che i necrologi documentano ai posteri: la rete familiare, di conoscenza, di lavoro nel quale agiva il defunto.
Torneremo su questo aspetto ma prima è bene distinguere il necrologio povero di paese dal necrologio ricco di città. Il primo è una sorta di piccolo manifesto appiccicato sul muro alla faccia di ogni regola per le affissioni. Il secondo, come abbiamo detto, appare sui quotidiani locali e ne impegna talvolta intere paginate. Ma il necrologio povero di paese è l’ultima espressione di democrazia: se collocato nel punto giusto e con l’attak necessario permane nel tempo, sfida il passare degli anni, da manifesto si trasforma quasi in lapide. Il secondo ha una durata effimera anche se il calendario offrirà tante occasioni (trigesimo, onomastico, compleanno, ricorrenze varie) per riproporlo.
Sia il necrologio di paese che quello di città offrono una foto dell’interessato. In genere, scattata in anni giovanili, quasi a voler offrire una immagine non logorata dal tempo e contemporaneamente ampliare la sfera dei riconoscimenti. Ma che inevitabilmente provoca un commento ironico ed interrompe l’elaborazione del lutto: “chissà quannu sa fici sta fotografia?”.
Dicevamo dell’importanza del necrologio per testimoniare il capitale sociale dell’estinto. In tanti comunicano e partecipano. C’è una gara a chi mette il suo necrologio in posizione migliore per la consultazione. Non si bada a spese: del resto, i necrologi per i quotidiani locali sono una delle principali fonti di entrate. Ovviamente, c’è il prodigo che stilerà il suo necrologio con dovizia di parole alate, lo sparagnino attento alla virgola, l’interessato che vorrà far sapere cosa e quanto in effetti lo legava allo scomparso. Il cui nome viene accompagnato da tutti i titoli che è possibile mettere in campo, talvolta, con conseguenze grottesche: il geometra stimato risulterà, senza alcuna offesa per la categoria un ingegnere, saranno esibiti con orgoglio medaglie di cavaliere, grande ufficiale, guardiano del Santo Sepolcro. Ogni giornale ha un suo stile con cui trattare la pagina della necrologia. Sulla “Stampa” ancor oggi gli avvisi mortuari che riguardano anziani operai non trascurano dopo il nome il soprannome di battaglia: Giuseppe Gandussio, ad esempio, inteso Pinin. I grandi quotidiani quando muore un collaboratore o un suo parente mettono giù intere colonne con i nomi dei loro giornalisti, la cui spesa relativa sarà detratta dal patrimonio dei suddetti. Ma vuoi mettere la soddisfazione per uno che si chiama, per dire, Scalari di essere messo immediatamente prima di Scalfari! La rete dà una precisa idea anche dell’eredità di potere che si trasmetterà alla famiglia. E verrà ricostruita e studiata da chi, come si dice, compra il giornale solo per leggere i necrologi e la pagina sportiva. Tra l’altro, nulla impedisce, anche senza averlo mai conosciuto, di fare un necrologio in occasione della scomparsa di un potente. Un mio amico dedicò un necrologio ad Agnelli in occasione della sua dipartita e nel nostro gruppo acquisì popolarità inattesa. Un ottimo artifizio per attrarre un’attenzione che supera la sorpresa.
Dei testi dei necrologi e delle frasi d’obbligo che fanno incazzare categorie commerciali del tipo “non fiori ma opere di bene”, parleremo un’altra volta! Ma vi segnalo un giochino che da spesso goduria di scoperta. Nei necrologi dei potenti dopo la moglie o marito, figli, fratelli, genitori, nonni, guardate con attenzione se compare un necrologetto, striminzito, con una sola parola (“addio”) ed un nomignolo affettuoso dopo, tipo “la tua Pussy”. Si prova più emozione dinnanzi a questa testimonianza che percorrendo tutta la letteratura romantica del ‘900. Ho sempre provato ad immaginare la reazione del coniuge davanti all’ufficializzarsi di Pussy! Si sarà pentita dell’augurio di levità rivolto al tumulo dello scomparso. Pesante dovrà essere, come una “balata” di marmo, avrà ghignato in cuor suo.
Il vero potere di cui ha goduto un soggetto si misura nel necrologio che comunica il suo distacco dalla vita terrena. Meglio, dalla grandezza del necrologio, dalla quantità, dalla diffusione del quotidiano sul quale compare.
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