PALERMO – Tre miliardi e duecento milioni in meno. Un passo indietro che grava sulle speranze di rilancio della Sicilia. La somma è la differenza sui soldi della programmazione europea assegnati direttamente la Sicilia nella precedente programmazione (2007-2013) e quella che la Regione gestirà per la nuova programmazione 2014-2020. Cinque miliardi e trecento milioni contro otto miliardi e mezzo, un ridimensionamento consistente. Che potrebbe farsi ancora più severo se la Sicilia dovesse perdere, per non averle spese in tempo, parte delle risorse della precedente programmazione. Se si dovesse arrivare al disimpegno, che al momento non è ancora scongiurato, l’Europa imporrebbe anche sui “nuovi” fondi una ulteriore cura dimagrante. A oggi dei vecchi fondi 2007-2013 c’è ancora un miliardo in ballo.
Insomma, anche se il tema sembra essere assolutamente assente nel dibattito politico, il quadro che si presenta sul fronte dei fondi comunitari – risorsa fondamentale per una Regione dai conti asfittici e boccheggianti – non offre premesse incoraggianti. C’è il rischio che anche questa nuova tornata di finanziamenti si trasformi in una occasione sprecata e non riesca a permettere alla Sicilia quelle trasformazioni strutturali a cui fondi europei sarebbero destinati. Questo anche perché la Sicilia attinge ormai da anni ai fondi europei anche per pagare quella che è in buona sostanza spesa corrente, dalla formazione ai forestali, insomma stipendi. E non è da escludere che delle risorse a disposizione per i prossimi sette anni (in realtà si potranno spendere in nove anni, fino al 2023), cioè 4 miliardi e mezzo per il Po Fesr e 832 milioni per la formazione, un’ulteriore parte venga spostata dalla Regione dalla spesa per investimenti a quella per la formazione, che almeno fin qui di investimento ha avuto poco o nulla.
Alla Sicilia nella programmazione 2014-2020 toccano 6,8 miliardi. Di questi, però, più del quaranta per cento – percentuale nettamente più alta di quella, ad esempio, della Puglia (dove non si sono mai insediate le task force Stato-Regioni che operano in Sicilia) – li gestirà direttamente lo Stato. E senza vincolo territoriale. Cioè, per quella quota i soldi della Sicilia, così come quelli delle altre regioni del Sud, finiranno in graduatorie nazionali (per progetti relativi all’edilizia scolastica, all’occupazione o ad altri rami di intervento) e non è affatto detto che in quelle graduatorie la Sicilia riesca a “riprendersi” la sua parte.
Si tratta di una scelta che Sicilia, Campania e Calabria non hanno digerito, tanto da ipotizzare persino di uscire dalla conferenza delle Regioni. Con il precedente governo si era parlato di una forchetta tra il 30 e il 38 per cento, e invece si è arrivato a un 40,7 di gestione diretta dello Stato che “punisce” le Regioni che hanno speso meno nella precedente programmazione. “Si tratta di un dato non definitivo, sul quale stiamo battagliando – dice l’assessore alle Attività produttive Linda Vancheri -. In conferenza Stato-Regioni ho fatto presente che se si vuole usare un criterio di premialità per chi ha speso i fondi 2007-2013 allora si vada a vedere quanto ha fatto la Sicilia nell’ultimo anno, molto più di quello che era stato realizzato nei cinque anni precedenti. Non solo, ho anche fatto presente al sottosegretario Del Rio – aggiunge l’assessore – che siamo indietro proprio sui Pon interregionali, quelli gestiti dallo Stato”.
Il governo regionale, insomma, spera che i numeri possano cambiare. Ma se così non sarà, alla diretta gestione della Regione rimarranno quindi poco più di quattro miliardi dell’Europa. Che vanno cofinanziati dallo Stato e dalla Regione (che dovrà sborsare in tutto 400 milioni dal suo sofferente bilancio). In tutto fanno poco più di 5 miliardi e 300 milioni, dei quali 4 e mezzo per il Fesr (il fondo che finanzia i progetti infrastrutturali, gestito dalla Programmazione) e 832 milioni per il Fse (gestito dalla Formazione). I fondi 2007-2013, alla loro prima approvazione, ammontavano invece dopo il cofinanziamento a 6 miliardi e mezzo per il Fesr e due per il Fse: complessivamente tre miliardi e 200 milioni in più rispetto a oggi.
La ripartizione 2014-2020, però, potrà essere rivista dalla Regione, che potrebbe decidere di spostare somme dal ricco Fesr al più povero Fse, cioè alla formazione professionale e ad altri interventi che fin qui hanno avuto più il sapore dell’ammortizzatore sociale. Una scelta di quel tipo – se la formazione non fosse completamente riformata, come più volte annunciato da Crocetta – impoverirebbe ulteriormente le risorse a disposizione per fare sviluppo autentico.
Questo il quadro relativo alla nuova tranche di fondi strutturali. Su cui però grava l’ipoteca della precedente programmazione. Per recuperare il ritardo sulla spesa dei vecchi fondi 2007-2013, la Regione ha operato una forte revisione del programma di spesa, decimando i fondi di alcuni assessorati dove l’impiego delle somme procedeva a rilento. La Programmazione è riuscita insomma a mettere il turbo, malgrado non ci sia ormai da quasi un anno l’assistenza tecnica (i contratti non sono stati rinnovati dalla Regione e nessuno è subentrato nel servizio). Ciò non di meno, nel periodo fra il febbraio 2013 e il febbraio 2014, la spesa registrata ha fatto segnare un incremento record dal 18,52 al 41,7 per cento. Insomma, si corre. Anche se per farlo, e non buttar via i soldi perché inutilizzati, si sta lavorando molto sui “retrospettivi”. In sostanza si tratta di progetti già avviati, ad esempio quelli sull’edilizia scolastica, che avrebbero dovuto attingere da altri fondi (per esempio fondi Cipe) e che invece saranno finanziati con i fondi europei. In questo senso il presidente della Regione Rosario Crocetta ha inviato nei giorni scorsi una direttiva, firmata anche dal dirigente generale della Programmazione Vincenzo Falgares, indirizzata a tutti gli assessori e i dirigenti generali che chiede proprio uno sprint sui “retrospettivi”, “per concorrere al raggiungimento degli obiettivi di spesa fissati per una positiva chiusura del programma, a partire da target per l’imminente scadenza del 31 maggio”. La direttiva si chiude con un ammonimento: “Non è superfluo ricordare – si legge nel documento – come tali adempimenti siano direttamente collegati agli obiettivi assegnati per l’utilizzo dei Fondi strutturali 2007-2013, il cui mancato raggiungimento oltre a comportare un grave danno all’economia della Regione avrebbe inevitabili refluenze sui profili di responsabilità amministrativa e contabile ascrivibili ai dipartimenti in indirizzo”.
L’obiettivo è quello di imputare alla spesa europea quanti più interventi possibili anche tra quelli già avviati e di farlo prima del prossimo comitato di sorveglianza – in programma come sempre a luglio – che dovrà fare il punto sulla precedente e sulla nuova programmazione. È chiaro, però, che imputare al programma europeo progetti già realizzati in altri ambiti certo salva i target di spesa ma dimostra ancora una volta un deficit di strategia e pianificazione iniziale nella spesa stessa. E la totale distrazione fin qui mostrata dal Parlamento regionale rispetto al tema della nuova programmazione europea, fa temere che questo deficit strategico possa ripetersi puntualmente anche sui nuovi, e più modesti, fondi da spendere da qui al 2023. Su questo, però, il governo ostenta fiducia: “Ci stiamo impegnando con grande dedizione al tema della programmazione – dice l’assessore Vancheri -. Il presidente gli dedica grande attenzione. Anche se alla fine dovessimo avere meno risorse, di certo la nuova programmazione punterà più sugli obiettivi che sulle azioni, come invece è successo per la precedente”.