PALERMO – Il rischio è concreto. “Entro settembre dobbiamo sbloccare due appalti strategici. Se non arrivano i soldi della Regione, l’Europa si riprende i finanziamenti. Qualcuno dei nostri deputati vuole dirlo a Renzi, visto che viene in Sicilia?”. Il presidente della Società Interporti Siciliani Alessandro Albanese, dopo avere assistito al taglio di 8,5 milioni imposto dalla manovra-ter alla società che guida, è amareggiato. Amareggiato soprattutto perché il no al finanziamento è stato dipinto senza mezzi termini come un effetto della guerra interna al Pd: “Sappiamo di pagare conti che non hanno a che fare con noi – spiega Albanese -. Ma c’è un livello di disinformazione che mi fa dispiacere. I deputati vogliono le grandi opere o no? Vengano e si vengano a rendere conto. Mostreremo loro cosa stiamo facendo”.
Già. Cosa state facendo?
“Stiamo realizzando l’interporto di Termini, che vale 84 milioni. Siamo all’80% del completamento del Polo logistico di Catania, che ne vale 32. Stiamo realizzando il Polo Intermodale di Catania, un appalto da 40 milioni. E poi le opere più piccole: il sottopasso di Termini Imerese, da sei milioni di euro, e la strada di collegamento fra il polo intermodale e quello logistico. Quest’ultimo, che vale 9 milioni, è già finito nel mirino del ministero dello Sviluppo economico, che lo sta definanziando”.
Una montagna di denaro. Come vi siete ridotti a essere in perdita?
“Un attimo, intanto. Non è vero che i dieci milioni che abbiamo chiesto servono tutti a coprire le perdite: ne servono 4,5 per coprire le perdite pregresse e quelle dei prossimi due anni. Gli altri 5,5 servono per ricapitalizzare”.
I soci sono tanti. Camere di commercio, Autorità portuali, Irsap… perché deve pensarci la Regione?
“Andiamo a monte. L’Unione europea ci ha posto due condizioni per non perdere i finanziamenti: liquidare i soci privati e far sostenere ai soci le spese di gestione. Alla fine, la proprietà delle opere sarà della Regione. Le faccio un esempio, così ci capiamo: se io le proponessi di comprare un’automobile con me e un’altra persona, ma sapendo che alla fine l’auto sarà solo mia, lei lo farebbe?”.
Direi di no.
“Ecco. E invece qui ci sono spese da pagare. Cose che sembrano tecniche, ma che hanno un peso: il responsabile del procedimento per l’appalto, il collaudatore, il contabile che tiene i conti. Alla fine ne sarà valsa la pena: la società incasserà 820 mila euro all’anno dai gestori, e andrà in utile. Ma al momento bisogna stringere i denti e pagare”.
Beh, scusi: non potete mantenervi da soli?
“No. Non possiamo far altro che costruire. Anche questa è una regola prevista dall’Europa. Abbiamo solo voci di spesa, al momento, ma quando daremo in gestione le opere avremo delle entrate, e fra l’altro i gestori prenderanno in carico anche quattro dipendenti. E poi lo sa che le dico? Una volta realizzate le infrastrutture e dopo i rendiconti, possiamo anche decidere di scioglierla, la società. Farlo ora, però, significa perdere quattro anni e ricominciare da capo”.
C’è concretamente il rischio di dover chiudere bottega?
“Abbiamo fatto un piano quinquennale. Ci servono dieci milioni. La commissione Bilancio ha detto 8 e mezzo? Vedremo di farceli bastare. Ma qualcosa facciano. Rischiamo di perdere una grande occasione”.
Mi spieghi, in poche parole, perché.
“Ne bastano sei: sono opere strategiche per lo sviluppo”.
Ok, adesso un po’ meno sintetico.
“Gli interporti servono per velocizzare il traffico delle merci. Se non li realizziamo, avremo altre cento Fiat che andranno via. I deputati vogliono questo?”.