PALERMO – Se più scuro di mezzanotte non può fare, bisogna capire quando scoccherà la mezzanotte per Ncd. Il partito di Angelino Alfano, junior partner di Matteo Renzi al governo, vive giorni difficili. E ai dispiaceri delle urne si aggiungono quelli giudiziari, con le nuove grane relative all’inchiesta di Mafia capitale che si incrocia con quella della procura di Catania sul Cara toccando un suo esponente di punta, il sottosegretario siciliano Giuseppe Castiglione.
«Area Popolare al 4,7%. Che dicono oggi i portasfiga?», scriveva sui social nei giorni scorsi il ministro dell’Interno, rivendicando, anche in tv quello che definiva un buon risultato per il suo partito. Ma è stato Il Giornale a fare i conti sull’effettivo risultato di Ncd alle Regionali della scorsa domenica: il magrissimo bilancio è di tre consiglieri regionali alfaniani eletti sui 270 seggi in ballo nelle sette regioni in cui si votava. Davvero poca roba per gioire contro contro «necrofori, sotterratori e portasfiga», per usare le parole dello stesso Alfano.
Il futuro del partito resta incerto, inclusa la sua partecipazione al governo nazionale, in cui l’ingombrante presenza mediatica di Renzi oscura ogni visibilità per gli alleati minori. “#NoiCiSiamo”, risponde su Twitter Alfano. Ma le fibrillazioni restano.
Anche in Sicilia i risultati di Ncd non sono stati esattamente esaltanti. Certo, gli alfaniani nell’Isola raccolgono consensi ben sopra la loro media nazionale, ma da qui a parlare di successo ne passa. Anche ad Agrigento, la vittoria di Area popolare è in realtà farina del sacco dell’Udc, partito a cui appartiene il nuovo sindaco Lillo Firetto.
In compenso, gli alfaniani siciliani hanno incassato l’apertura del segretario Fausto Raciti a un dialogo col Pd per il futuro. Nell’Isola, infatti, il piccolo partito centrista siede all’opposizione del governo, anche se in occasione dell’ultima finanziaria, fu proprio decisiva l’astensione di un suo deputato (Vinciullo) per salvare dal naufragio la maggioranza. Ma la pratica di avvicinamento ai democratici e al centrosinistra – vista da diversi esponenti del partito come l’unica strada possibile alla luce del nuovo corso “filoleghista” di Forza Italia -, per un partito che ha la parola “centrodestra” nella ragione sociale, non è così semplice. L’apertura del Pd è una scialuppa di salvataggio o un abbraccio mortale? A livello nazionale, il profilo governativo non ha giovato troppo, lasciando gli alfaniani nascosti nell’ombra di Renzi.
In generale, l’asse coi democratici in Sicilia è tutt’altro che immune da difficoltà. Rosario Crocetta, ad esempio, è tutt’altro che entusiasta. E per attaccare Raciti ha subito colto al balzo la palla della nuova tranche dell’inchiesta Mafia capitale per stoppare ogni ipotesi di dialogo con gli alfaniani. E anche dentro Ncd si è registrata la voce critica di Basilio Germanà, che non ha gradito l’uscita estemporanea con cui Giuseppe Castiglione ha lanciato la candidatura di Gianpiero D’Alia a Palazzo d’Orleans (“polpette avvelenate”, ha detto lo stesso D’Alia).
Castiglione, al vertice del partito in Sicilia, oggi è tornato nell’occhio del ciclone per il suo coinvolgimento nell’indagine per turbativa d’asta della procura di Catania sul Cara di Mineo. Castiglione si è detto sereno e “a disposizione della magistratura per qualunque circostanza che possa essere utile all’indagine per evitare il continuo stillicidio a mezzo stampa”. Un’altra grana dopo quella che coinvolge l’altro co-coordinatore regionale Francesco Cascio per una presunta corruzione relativa alla realizzazione di un golf club, accuse che lo stesso Cascio respinge con forza. Si tratta solo di indagini, in questo come nel caso di Castiglione, ma il vento giustizialista non ha tardato a soffiare già forte sui media, sballottando in acque ancora più agitate la navicella di Ncd. Per cui se non è mezzanotte, poco ci manca.