PALERMO- Si attende per oggi la decisione definitiva del Consiglio dei ministri sulla legge sugli appalti approvata dall’Ars. Il governo nazionale, ha riferito ieri l’asssessore Giovanni Pizzo, sarebbe intenzionato a impugnare la norma. Una scelta che favorirebbe la mafia, ha ammonito ieri Pizzo mentre una cinquantina di imprenditori davano vita a una protesta davanti all’assessorato.
“Ribadisco, con grande dispiacere, quanto avevo detto in occasione dell’approvazione della legge sugli appalti: nessuno ha il diritto di giocare con il futuro dei nostri imprenditori, neppure noi all’Ars – dichiara Alice Anselmo, deputata regionale PD – Non è in discussione la nostra intenzione di rilanciare l’imprenditoria siciliana, ma non possiamo farlo a dispetto delle leggi. Non possiamo legiferare su tematiche che ci sono precluse e averlo fatto ci ha condotti a dover aspettare le decisioni del Consiglio dei Ministri che, temo, saranno sfavorevoli alla nostra legge. Non mi fa piacere essere stata preveggente, ma la lotta alla mafia al fianco degli imprenditori deve passare per altre vie”, conclude la parlamentare regionale.
Interviene sul tema anche Andrea Vecchio, deputato di Scelta Civica: “Palazzo Chigi sostiene che la norma approvata in Sicilia violerebbe i dettami delle leggi comunitarie in materia di appalti e di concorrenza. In parte ciò è vero, ma è vero solamente per tutti gli appalti il cui importo superi la soglia comunitaria che in atto è di euro 5.186.000, e per tali tipo di appalti la Regione Siciliana non è intervenuta e in ogni caso non ne avrebbe avuto i poteri. Per gli appalti il cui importo non superi tale soglia le comunità dei vari paesi sono libere di legiferare secondo loro esigenze. Per tale motivo riteniamo che Palazzo Chigi sia incorso in questo equivoco.”
Secondo Vecchio la Regione ha legiferato neilimiti che le concede lo Statuto. “La norma adottata in Sicilia – dice Vecchio – è una norma per limitare lo strapotere di alcuni gruppi imprenditoriali, collusi o organici a cosche mafiose che costituendo cordate malavitose e in contrasto con le regole della sana impresa favorivano le aggiudicazioni a loro esclusivo favore e interesse, con ribassi molto alti non remunerativi per imprese sane ma gestiti e strumentalizzati a favore di quei gruppi organizzati. Vasta eco ha suscitato sulla stampa regionale e nazionale la presa di posizione dei costruttori siciliani, per una volta una posizione legittima e corretta. Siamo sicuri che Palazzo Chigi sprà ben analizzare il problema e adottare la soluzione più corretta anche a difesa di una comunità che per molti versi la politica siciliana non tiene in grande conto”.
Dura l’Ance Sicilia: “Dalla sua entrata in vigore la riforma ha dimostrato di produrre gli effetti sperati. Infatti, le prime sette gare sono state aggiudicate con ribassi ragionevoli che tengono conto dell’analisi del progetto e non della previsione statistica al rialzo, non si sono registrati ricorsi che allungano i tempi di apertura dei cantieri e i costi di amministrazioni e imprese, e finalmente hanno cominciato a vincere imprese diverse dai “soliti noti”. Imprenditori, sindacati, lavoratori ed esponenti dell’antimafia hanno ricominciato a credere che è possibile vivere e lavorare in una terra normale”. I costruttori chiedono a Renzi di fermarsi: “Chiediamo al presidente Matteo Renzi di rinviare la discussione sul tema prevista nella riunione di Palazzo Chigi di domani e di avviare un confronto per trovare una soluzione che garantisca il mantenimento di un sistema di regole assolutamente necessario per la sopravvivenza di imprese che non cedono alla mafia e ai sotterfugi”.