MILANO– “Il cratere” lasciato dall’esplosione di Capaci, strage nella quale il 23 maggio 1992 morirono Giovanni Falcone la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, “doveva rimanere. Si doveva fare in modo che quel pezzo di autostrada” non andasse “riempito” e sorgessero “quelle due sterili stele”. Lo ha detto Ilda Boccassini, responsabile della dda milanese, all’inaugurazione della mostra fotografica ‘Gli invisibili, ammazzati dalla mafia e dall’indifferenza’, allestita nel grande atrio al terzo piano del palazzo di Giustizia di Milano e curata da Lavinia Caminiti. Quella “è stata la prima rimozione – ha sottolineato Ilda Boccassini – voluta dal nostro Paese e forse accettata dalla stragrande maggioranza dei siciliani. Cancellare tutto per dimenticare. Ecco, questo è l’errore che noi facciamo rispetto a questi fatti”.
Ilda Boccassini, senza negare di provare ancora “emozione nonostante i tanti anni trascorsi, per quello che è accaduto” il 23 maggio 1992 e che “ha stravolto la mia vita personale e pubblica”, nell’aula magna del Palazzo di Giustizia, ha ricordato di aver voluto andare a Palermo già la sera della strage di Capaci e di aver “voluto vedere quello che rimaneva dei poliziotti, della prima macchina colpita. Mai potevo immaginare – ha aggiunto – che poi, a distanza di mesi, sarei andata a Caltanissetta. Per quei tre anni ho visto dolore e rabbia e anche l’impotenza rispetto a certe situazioni”. Con a fianco il questore Luigi Savina, e alla presenza tra gli altri, del prefetto Alessandro Marangoni, del presidente della giunta locale del’Anm Federico Rolfi, e dell’avvocato Umberto Ambrosoli (figlio di Giorgio, il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana assassinato nel 1979), Ilda Boccassini ha spiegato che la “prima rimozione di un Paese” che voleva cancellare “immediatamente in pochissimo tempo” è stato “riempire quel cratere e ricostruire quel pezzo di autostrada con la scusa che la regina di Inghilterra voleva rendere omaggio a Falcone”. Per il magistrato antimafia “quel cratere doveva rimanere” e non bisognava “cancellare tutto per dimenticare. Io ho sempre cercato, con la mia persona, pagando un prezzo altissimo, mettendo in discussione la mia vita privata, di far capire cosa è la memoria, che nulla c’entra con la legalità. No ho rimpianti, forse ho rimorsi nei confronti dei miei figli”. Ricordando le altre stragi compiute dalla mafia in Italia in quegli anni ha affermato che “tutto questo non può essere rappresentato solo da una stele o una targa ricoperta da rifiuti, cosa che è un pugno nello stomaco. Noi abbiamo il dovere – ha continuato – di far capire che il ricordo e la memoria valgono sacrifici e un prezzo altissimo”. Il procuratore aggiunto ha poi spiegato che “ancora in me c’è una voglia di verità. Verità che non c’è ancora stata in quanto non sappiamo ancora che cosa ha determinato questo attacco frontale allo stato da parte di Cosa Nostra dal ’92 al ’94”. “Non dobbiamo dimenticare Palermo, quello che è successo – ha detto ancora Ilda Boccassini – e questi uomini e donne che avevano il diritto di vivere e che sono stati strappati alla vita. Uomini e donne che hanno perso per colpa dell’indifferenza delle varie classi sociali, in primis della magistratura….”. “Io non dimenticherò mai Palermo – ha concluso il pm antimafia – per quello che per me e per le persone per bene ha significato”.