PALERMO– Davide Faraone vuole scattare via da solo. Questa Sicilia non gli piace del tutto. Forse nemmeno il suo partito, così come è gestito nell’Isola. E così diventa quasi inevitabile lo scambio di battute col segretario regionale del Pd Fausto Raciti. Giunto alla Leopolda sicula “per portare i saluti del partito”, precisa. Come se qui ci trovassimo altrove. Come se questo non fosse il partito. E a dire il vero, nella kermesse dei renziani che ospita politici di ogni estrazione, mancano proprio i democratici di quell’area. Quella che una volta fu definita “dei cuperliani” e che oggi, almeno a livello nazionale, è la “minoranza del Pd”. Mancano anche gli assessori regionali. Manca Antonello Cracolici, non c’è Bruno Marziano. Assenti anche i deputati regionali di quella corrente.
Ma c’è Raciti. Che lancia una provocazione verso il sottosegretario, sotto la forma dell’invito a camminare insieme. “Chi corre solo arriva prima, chi cammina insieme arriva più lontano” ha detto Raciti facendo riferimento a un proverbio africano. “Come partito dobbiamo camminare insieme per arrivare più lontano – ha aggiunto – per imprimere una svolta alla storia di questo Paese”. E la replica di Faraone è arrivata qualche minuto dopo sempre dal palco. “Gioco di squadra non vuol dire aspettare i tuoi compagni fino in fondo – ha detto Faraone – se hai ritmo e più fiato, arriva il momento in cui lasci e vai più in fondo. La leadership è possibile se si costruisce un gioco di squadra, perché vince il capitano”. In mezzo al botta e risposta, un video che ricorda le gesta del ciclista Marco Pantani che torna buono per la metafora.
Ma battute ed esempi a parte, sul palco della Leopolda sicula si celebra l’identità doppia del Pd siciliano. Mai stato un partito. Semmai, almeno due partiti. “È inaccettabile – aveva detto Faraone pochi minuti prima – che la Sicilia resti spettatrice di un processo di riforme che è partito in tutta l’Italia”. Mentre ieri era arrivata anche la stoccata a quei “dirigenti del Pd che hanno una vocazione minoritaria, che sono contenti della semplice sopravvivenza”. E lo steccato alzato con un pezzo del Pd non è il solo. Le frasi di Faraone rivolte al governo Crocetta sembrano quelle di chi non può vantare mezza giunta di chiara espressione renziana. “Abbiamo svolto il ruolo della safety car per evitare nuovi incidenti – ha detto – ma qui rottamare non basta”. Serve altro. E la stoccata a Rosario Crocetta arriva anche per vie indirette. Faraone infatti ha puntato il dito contro la società regionale maggiormente cara al governatore: “Riscossione Sicilia – ha detto – dovrebbe riscuotere, quindi portare soldi alla Regione. E invece denuncia in bilancio buchi costanti e viene sempre ricapitalizzata dall’Ars, cioè con i soldi dei siciliani. Nonostante la società abbia il compito di riscuotere tributi, insomma, l’aula deve utilizzare soldi e metterli in questo secchio bucato. Secondo qualcuno basta aggiungere ‘Sicilia’ al nome dell’azienda per trasformarla in una bandiera dell’autonomia. Utilizziamo Equitalia – ha concluso Faraone – e facciamola funzionare anche qui”.