PALERMO – Si indaga su cento nomi. I cento nomi che riempiono i verbali del neo pentito palermitano Giuseppe Tantillo. Sono i mafiosi che impongono il pizzo nella zona del Borgo Vecchio e coloro che pagano. Pagano, con qualche eccezione, senza ribellarsi.
I nomi delle vittime “sono scritti anche in quel foglio che le ho dato”, ha detto il neo collaboratore di giustizia rivolgendosi al pubblico ministero nelle cui mani ha messo il libro mastro del racket.
Ottanta nomi, una dozzina in più dell’ultima mappa del racket su cui hanno finora lavorato gli investigatori e cioè quella consegnata da Francesco Chiarello. Chiarello è stato arrestato nel 2011. Così come Gaspare Parisi, altro uomo del racket. Dopo due anni trascorsi a tamponare l’emergenza causata dagli arresti i vertici del mandamento di Porta Nuova convocarono una riunione. Per il dopo Parisi doveva essere scelto un uomo del Borgo Vecchio. Ed infatti, racconta lo stesso collaboratore, lui e il fratello Domenico sarebbero stati scelti per il loro cognome.
Conosciuti da tutti, anche da coloro a cui avrebbero imposto la tassa di Cosa nostra. Si fece una riunione al Borgo Vecchio per comunicare la decisione presa dai vertici del mandamento di Porta Nuova. Allora c’erano ancora in circolazione pezzi grossi del calibro di Alessandro D’Ambrogio, Tommaso Di Giovanni e Giuseppe Di Giacomo.
I fratelli Tantillo fino ad allora non erano stati coinvolti in prima persona nella vita di Cosa nostra. Da 2013 le cose sarebbero cambiate radicalmente. Sarebbe iniziata l’era dei Tantillo alle cui dipendenze, se venissero confermate le dichiarazioni del collaboratore, avrebbero agito una sfilza di picciotti, impegnati a riscuotere il pizzo e a gestire una fitta rete di spaccio di droga. Una ventina di persone, di cui una parte già nota alle forze dell’ordine perché già coinvolti in vecchie indagini, ma anche volti nuovi.
Di loro Tantillo fa nomi e cognomi e ne descrive i ruoli. E poi ci sono i mister X di un’inchiesta ancora in divenire. C’è un passaggio del suo interrogatorio che offre la cifra di quanto ci sia ancora da lavorare. C’era in ballo la riscossione del pizzo pagato da un noto imprenditore. Paolo Calcagno, arrestato con l’accusa di essere il capo del mandamento di Porta Nuova, si presentò con un uomo al quale, da quel momento in poi, andavano consegnati i soldi. Tantillo non ricorda il nome. Ricorda, però, che aveva i capelli brizzolati. E se gli mostreranno la foto saprà riconoscerlo. Perché lui erra un pezzo grosso al Borgo. Poi, si è sentito isolato. Dalla sua famiglia di sangue per alcune scelte personali e da quella mafiosa. Lui lavorava per Giuseppe Di Giacono che nel 2014 fu crivellato di colpi per le strade della Zisa.