PALERMO – Adesso sembra che abbia perso solo Renzi. E sembra che il convinto “Sì” dei giorni scorsi fosse in realtà solo un “Sì, però”. Eppure da Rosario Crocetta ad Antonello Cracolici, da Fausto Raciti a Totò Cardinale per giungere, ovviamente, a Davide Faraone, tutti quanti, su questo referendum hanno stampato il proprio nome e il proprio volto. Ci hanno messo la faccia e adesso sembrano fischiettare di fronte alla debacle, come se non c’entrassero nulla.
Anzi, il presidente della Regione è andato persino oltre: “Forse il Sì mi avrebbe creato qualche problema”. Perché a quel punto “i renziani” nella sua giunta avrebbero fatto la voce grossa, ha spiegato il governatore, certificando la schizofrenia di un esecutivo fatto di tribù e di orticelli. Un governo che non governa. Parole che dovrebbero provocare imbarazzo, ovviamente, se solo per un attimo si ripensasse alla prima fila del Teatro Politeama, venerdì scorso: Crocetta era lì, a scherzare col premier dalla platea. Poche ore prima era stato invece a Messina anche per prendere parte a un convegno organizzato proprio da “Sicilia Futura” di Totò Cardinale, alla presenza – tra gli altri – del senatore Beppe Lumia. Adesso Crocetta sembra che col Sì non c’entri nulla. E invece, il “boom” del No nell’Isola, quasi certamente è anche “merito” suo: dei quattro anni di un governo fallimentare. Che, soprattutto nell’ultima “versione” politica, altro non fa che replicare lo schema romano: col Pd insieme ai moderati. Esattamente l’assetto bocciato in maniera netta dai cittadini. “Dimettermi? Perché dovrei farlo?” ha detto Crocetta. Ma il fallimento è anche suo, eccome.
Ma il governatore che adesso fa finta di nulla, è in buona compagnia. A cominciare proprio dalla sua giunta. Alla quale – spiega – ha garantito diritto di critica, nella sola voce “contro” di Bruno Marziano. Per il resto, erano tutti lì, allineati e coperti a sostegno del capo. A cominciare da Antonello Cracolici, organizzatore di più eventi per il Sì, prima al Politeama dove ha accolto Renzi, poi anche insieme al ministro Martina. E poi, tutti gli altri, dai renziani Gucciardi, Contrafatto e Baccei, passando per gli assessori “moderati”. In Sicilia il “no” ha sfondato, nonostante loro. Anzi, forse anche a causa loro. A un governo che avrebbe dovuto fare “svoltare” l’Isola. E che ha contribuito al capitombolo referendario.
E in giunta, c’è anche l’assessore di Sicilia Futura, Maurizio Croce, anche lui in prima fila nell’ultima kermesse renziana a Palermo. Notevole, infatti, era stato lo sforzo di quei deputati che hanno incarnato l’area dei “più renziani tra i quasi renziani”. Gli uomini di Sicilia Futura, pur provenendo dalle esperienze politiche più disparate, sono stati tra i più attivi sostenitori del Sì: da Michele Cimino ad Agrigento, a Nicola D’Agostino a Catania, hanno dato l’impressione di essere più convinti persino di molti esponenti del Partito democratico. Comitati, pullman e telefonate, però, non sono bastate. E anzi, nelle città dei più “pesanti” esponenti di Sicilia Futura, il No in qualche caso è stato persino più netto, più sfacciato che altrove. Una chiara crisi di rigetto di un popolo che prima, nel bene e nel male, aveva ancora punti di riferimento culturali, spazzati via da un trasformismo troppo facile e troppo bello, per funzionare davvero.
E tra i veri sconfitti di questo voto ecco certamente, per motivi diversi, Fausto Raciti e Davide Faraone. Il primo è il segretario di un Partito democratico che qui, in Sicilia, non è riuscito a spingere il Sì oltre il trenta per cento. Una debacle clamorosa, se si pensa al fatto che mai come oggi, l’occasione era storicamente propizia: di marca Pd è infatti sia il premier che il governatore. Eppure, il flop è stato fragoroso. Ed è l’esito finale di un partito che non c’è. Lacerato costantemente dalle tensioni interne e solo apparentemente pacificato dalla spartizione dei brandelli di governo operata col varo di quel “governo di alto profilo” che ha fatto sprofondare in basso il Sì.
Ma se la sconfitta italiana fosse davvero tutta di Renzi, la trasposizione sicula di questo assunto porterebbe verso un unico perdente: il renziano di Sicilia, Davide Faraone, che ha recitato per lungo tempo la parte del “responsabile” a Roma delle vicende politiche siciliane. Uno status che gli ha consentito, da sottosegretario all’Istruzione, di intervenire bacchettando il governo su ogni tema: dai rifiuti al personale regionale. Una posizione privilegiata, un po’ dentro e un po’ fuori, un po’ vicino e un po’ lontano, che gli ha permesso di affermare: “Se sostenessi Crocetta sarei da Tso”, mentre però nella giunta di Crocetta siedono stabilmente il vero commissario dell’Isola Alessandro Baccei, oltre ad assessori “pesanti” come Contrafatto ai rifiuti e Gucciardi alla Sanità. Non è bastato. E adesso, sommessamente Crocetta sorride: la sconfitta del referendum ha indebolito il suo avversario. Ma è solo una guerra tra sconfitti.