Forse, non a caso, il quartiere generale di Rita Borsellino è ospitato in una galleria d’arte, a Palermo. Al muro sono appesi quadri dai colori vivaci. Cosa è un quadro se non un omaggio all’immaginazione, alla fantasia? Ecco, al momento il centrosinistra è in un limbo tra la fantasia difficoltosa di un ritorno a qualsiasi tipo di governo e una cruda realtà che ha il volto e le insegne di Silvio Berlusconi. Il quadro, perciò, si presta come immagine-simbolo dello stato d’animo prevalente dell’ora. Rita Borsellino è una donna paziente. Ha sopportato le parole di chi l’accusava di sciacallaggio politico ai danni della salma e della memoria di Paolo Borsellino. Ha recitato la parte dell’agnello sacrificale contro la gioiosa macchina da guerra di Totò Cuffaro. E adesso attinge ai colori della sua tavolozza, per tentare di dipingere un’alternativa, un paesaggio credibile, nel campo di un’opposizione derelitta. Il cammino appare complesso, per utilizzare un’espressione che i democristiani usavano, quando non volevano farsi spuntare i lacrimoni in pubblico. La tenacia di Rita (il nome proprio è l’accesso confidenziale scelto da aficionados e appassionati) non è un ingrediente da sottovalutare. Coloro che la seguono hanno perso tutte le elezioni possibili. Eppure – questa è l’alchimia segreta – sperano ancora. Sperano sempre. Signora Borsellino, Gianfranco Micciché, in un’intervista a livesicilia, ha detto testualmente: “Il centrosinistra perde perché non sa fare opposizione”.
Un suggerimento da amico?
–
“Forse lui ricorda la sua esperienza come presidente dell’Ars, quando l’opposizione c’era, eccome. Ora ce n’è di meno”.
Ha ragione?
– “Non sbaglia. C’è poca chiarezza, se la minoranza vota col governo è difficile trovare una differenza. Non si capisce cosa è maggioranza e cosa opposizione. Sono i guasti di questo centrosinistra”.
Una ricetta per uscirne fuori?
– “Io sono farmacista, le ricette le leggo. Colpa delle divisioni e delle spaccature interne e di certe prese di distanza. Colpa dell’incapacità di portare avanti davvero un progetto comune”.
Partecipi anche lei al grande concorso: un leader per il Pd. Un nome?
– “Non ho suggerimenti particolari, non tocca a me. Ci vuole il leader giusto, che non sia nominato dalle segreterie e che sappia curare il rapporto con l’elettore”.
Cosa farete per le Europee?
– “Stiamo a guardare. Valuteremo i movimenti e le disponibilità di tutti e decideremo. Siamo un movimento basato sulla partecipazione e sulla democrazia”.
Il centrodestra metterà in campo Berlusconi. Voi?
-“Spero che si trovi qualcuno, non un antiberlusconi, non è questo il punto. Qualcuno che sappia indicare un percorso”.
Fra qualche tempo Palermo sceglierà il nuovo sindaco. Si profila un derby a destra.
– “Ci sono quasi tre anni per pensarci. Se lavoreremo insieme, potremo cercare dire la nostra tra coloro che vogliono giocare il derby”.
Lei è stata accusata di sfruttamento dai suoi avversari, non tutti per la verità. Di avere usato il cognome di suo fratello Paolo per scopi personali.
– “Io ho portato questo cognome quando era difficile. L’ho portato quando era pericoloso, per sessantaquattro anni. L’ho portato con consapevolezza. Da anni sono sul territorio e la gente ha fiducia in me. Io mi muovo sempre nel rispetto del mio nome e non accetto questa accusa”.
Dopo la morte di Paolo Borsellino, il vostro colloquio si è interrotto?
– “No. Lui mi manca molto da vivo. Però continuiamo a parlarci e a discutere. In fondo, è come parlare con me stessa”.
Si è mai pentita del suo ingresso in politica? E qui Rita Borsellino ha spalancato per un attimo i suoi occhi azzurri. Si è fermata per una pausa. Ha cercato le parole giuste che portassero dritte al cuore della sua passione civile. Parole e parole da condensare in un unico monosillabo.
– “No”.