PALERMO – La condanna per il brutale pestaggio diventa definitiva, ma bisogna ricalcolare la pena al ribasso perché all’imputato va riconosciuta l’attenuante della provocazione. È vero, Massimiliano Di Majo colpì con un mazzuolo un commerciante del rione Noce, ma fu provocato dalla vittima. Da qui l’annullamento con rinvio, limitatamente a questo aspetto, della sentenza d’appello che condannò Di Majo a 10 anni di carcere. La Cassazione ha accolto il ricorso dell’avvocato Domenico Trinceri.
Così come è stata annullata con rinvio anche la condanna di Giuseppe Castelluccio, difeso dall’avvocato Enzo Giambruno, che in appello aveva avuto 13 anni e quattro mesi per mafia ed estorsione (non era imputato per il tentato omicidio). Nel suo caso bisognerà ricalcolare la pena alla luce del venire meno dell’aggravante del possesso di armi.
Già in secondo grado la vicenda dell’estorsione era stata scissa dal tentato omicidio per il quale era caduta l’aggravante mafiosa. Nel novembre 2013 un commerciante fu pestato con con un mazzuolo davanti al suo negozio, una piccola bottega di casalinghi nel quartiere Noce. La prima ipotesi era che fosse stata una reazione alla sua denuncia contro il racket. Ed invece poi saltò fuori la lite che poco prima aveva avuto con il fratello minorenne di Di Majo. Qualche sguardo e qualche parola di troppo. Il commerciante arrivò alle mani con il ragazzino (pure lui è stato condannato per tentato omicidio) che chiese aiuto al fratello.
“Sei uno sbirro, un cornuto e sbirro”, gli urlavano. E giù botte con un grosso martello: “Ricevuto il primo colpo all’occhio sono caduto per terra – raccontò la vittima – mi colpiva come una furia ripetutamente alla testa e sentivo i calci che mi sferravano altre persone”. Anche il fidanzato della figlia del commerciante cercò di fermare la furia degli aggressori. Furono necessari due mesi di ricovero in ospedale per curare le ferite al volto e alla testa. Il ragazzo è stato due giorni in coma e oggi ha una una placca nel cranio.
Un pestaggio che però nulla aveva a che fare con l’estorsione di cui il commerciante è rimasto vittima. Anche lui era stato in carcere e, finita di scontare la pena, aveva deciso di aprire una bottega di detersivi nel cuore del popolare quartiere palermitano. Gli chiesero tremila euro di pizzo. Quando il commerciante venne avvicinato dagli esattori commise l’errore di cercare la mediazione di un amico che lo rassicurò: gli avrebbe fatto ottenere uno sconto. Poi, il rifiuto: non pago. E quella frase: “Vi denuncio”. E così al negozio si presentò Castelluccio a cui il commerciante disse di essersi rivolto alla polizia. In realtà stava bluffando.