PALERMO – Tre vertici a Roma, fra palazzo Chigi, ministero dell’Ambiente, Protezione civile e almeno un incontro a settimana negli uffici regionali del dipartimento Acque e rifiuti dall’inizio dell’anno, ma Amap e Comune non hanno ancora deciso di avviare ufficialmente la turnazione dell’acqua in città. Eppure l’amara decisione potrebbe arrivare già la settimana prossima, quando inviata tutta la documentazione richiesta dalla Protezione civile e dalla presidenza del Consiglio, le incombenze burocratiche per ottenere lo stato di calamità naturale potrebbero ritenersi concluse. In ogni caso: “Niente razionamento fino a quando il governo centrale non lo dichiarerà ufficialmente”, lo ripetono come un mantra i dirigenti Amap e lo ha ribadito anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Il presidente della regione Nello Musumeci la settimana scorsa e Maria Prestigiacomo, numero uno dell’azienda palermitana che gestisce la rete idrica cittadina, proprio ieri, sono tornati da Roma senza una certezza, senza un soldo, senza direttive chiare su come affrontare definitivamente l’emergenza idrica che attanaglia Palermo e i trenta comuni limitrofi da più di un anno.
I dati sono chiari però, l’acqua nei quattro invasi che riforniscono la città è agli sgoccioli, circa 20 milioni di metri cubi d’acqua tra Piana degli albanesi, Scansano, Rosamarina e Poma, a fronte dei 70 dell’anno scorso, basteranno ormai per circa quaranta giorni. Questa è l’unica certezza, mentre fra tensioni e nervosismi la situazione è ormai allo stallo: va avanti, evitando per fortuna brusche fratture, il braccio di ferro fra i dirigenti regionali che chiedono da settimane di ridurre i prelievi dalle riserve, e quindi far partire il razionamento, e Comune e Amap che frenano in attesa che Roma faccia la sua parte dichiarando lo stato di calamità. Procedura quest’ultima che consentirebbe una più snella libertà di movimento nell’attuazione di procedure, il sostegno incondizionato della Protezione civile, la requisizione di pozzi a privati senza dover pagare canoni d’affitto e anche una maggiore disponibilità economica per interventi strutturali. Ma al momento i dirigenti siciliani sono tornati dalla capitale con un pugno di mosche: restano quindi in stand by i progetti per due nuovi dissalatori, una sulla costa nord di Palermo e uno sulla costa sud, probabilmente nella zona di Termini, niente permessi per requisire i pozzi ai privati e la richiesta di fondi per opere di ripristino e messa in sicurezza delle dighe o all’acquedotto di Scillato. “Dal vertice di ieri non è emersa nessuna novità concreta – ha dichiarato Maria Prestigiacomo – purtroppo dobbiamo continuare ad attendere”. “Dobbiamo produrre nuovi documenti propedeutici alla richiesta dello stato di calamità – dice il dirigente regionale Mario Cassarà – tra stasera e domani saremo in grado di mandare alla Protezione civile tutto quello che ci ha chiesto”.
Intanto per affrontare in maniera pratica l’evidente scarsità di risorse si è messa in atto solo una riduzione della pressione dell’acqua nella rete e sottorete cittadina, fatto che ha comportato difficoltà reali in tante zone della città, dal centro storico a San Lorenzo, dove i residenti dei piani alti dei palazzi devono convivere per la maggior parte della giornata con una scarsissima quantità d’acqua nei loro rubinetti. Per quanto riguarda la turnazione: l’Amap in qualsiasi momento sarebbe pronta a metterla in atto. In base alle prime indiscrezioni a giorni potrebbero partire i test che nel giro di un mese consentirebbero la turnazione. La città dovrebbe essere divisa in quattro grandi zone e l’acqua distribuita una volta ogni due, se non addirittura ogni tre giorni. La suddivisione dovrebbe avvenire per circoscrizioni: la prima macro area comprenderebbe parte della prima e la seconda circoscrizione, un’altra area ricadrebbe nella restante parte della prima circoscrizione, nell’ottava e nella settima circoscrizione, la terza zona si estenderebbe nei territori della terza e della quarta, l’ultima area comprenderebbe la quinta e la sesta circoscrizione. Le cosiddette “saracinesche” per direzionare, aprire e chiudere l’acqua nelle varie zone, sono già state testate. L’acqua a giorni alterni, se e quando verrà avviata, coinvolgerà abitazioni private, negozi, uffici e caserme, unica eccezione per ospedali e strutture sanitarie.
Insomma, i palermitani restano con il fiato sospeso per conoscere il loro destino anche se rimane assai probabile che si tornerà indietro di 17 anni, quando nel 2001 silos, cisterne esterne e contenitori di ogni genere erano accessori indispensabili per la vita dei cittadini. La pulizia degli invasi da sempre ingolfati da detriti, le riparazioni delle perdite nelle condutture che ogni hanno fanno versare in mare preziosi metri cubi d’acqua, le opere strutturali a Scillato, come gli stessi test sulla bontà dell’acqua dei pozzi privati sono costosi interventi di medio e lungo periodo che vista ormai l’esigua quantità d’acqua nelle riserve intorno a Palermo non lasciano che l’amaro in bocca a chi in casa non ha un’ampia vasca da bagno da riempire per affrontare al meglio il ritorno della grande sete.