PALERMO – È un fantasma, ma anche un fantasma ha bisogno di soldi se deve vivere da latitante. Il blitz che ha portato in carcere i boss di Vita e Salemi ricostruisce la consegna di una busta piena di banconote destinata a Matteo Messina Denaro.
Ci si deve fidare del racconto di Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito del capomafia, ritenuto attendibile dai giudici. Cimarosa è morto nel 2017, l’anno prima aveva raccontato un episodio del 2012. Si era incontrato con Michele Gucciardi, boss di Salemi, al quale aveva consegnato un pizzino firmato Messina Denaro. Qualche tempo dopo i due si erano rivisti e Gucciardi gli consegnò la busta: “… sicuramente Matteo Messina Denaro aveva chiesto i soldi in quel pizzino. Lui dopo un mesetto… mi ha fatto chiamare… e siamo andati sempre al solito posto e lui mi ha dato una busta di soldi… e poi io non l’ho visto più a Gucciardi, da quel momento in poi… io l’ho data a Guttadauro (Francesco Guttadauro, nipote del latitante ndr)”.
Gucciardi gli spiegò “che praticamente erano i soldi dell’impianto di… quello degli impianti eolici di Alcamo, e che c’erano stati problemi, ci fai sapere che c’erano stati problemi, perché aveva tutte cose sequestrate e i soldi tutti insieme non glieli poteva dare, perciò glieli avrebbe dati in tante tranches”. Chiaro, secondo gli investigatori, il riferimento a Vito Nicastri, originario di Alcamo, imprenditore impegnato nel settore delle energie alternative pure lui arrestato nel blitz.
Un anno dopo, nel luglio del 2013, un’altra intercettazione faceva emergere le necessità economiche di Messina Denaro. Giovanni Santangelo, zio materno del latitante, spiegava alla sorella Rosa che “gli servivano i soldi…”A chi? Il tono bassissimo delle voci non impedì di sentire pronunciare il nome “Mattè”. L’intermediario avrebbe dovuto essere “Enzo” e cioè Lorenzo Cimarosa. Poi, il silenzio.