PALERMO – Proprio mentre la macchina della formazione professionale in Sicilia si riaccende dopo anni di alti consumi e di blocco, l’ente Cedifop di Palermo, rischia di spegnersi per un intoppo burocratico malgrado dal 2004 porti avanti la propria attività autofinanziandosi.
“Da venticinque anni, ogni anno, l’ente forma circa cento professionisti altamente qualificati in subacquea per l’industria dentro e fuori dal porto a tutte le profondità – sotto i trenta metri (inshore diver), fra i trenta e i cinquanta metri (top up), e oltre i cinquanta metri (altofondista). Oggi rischia di chiudere a causa di un ritardo procedurale burocratico, e questo nonostante i corsi siano autofinanziati e non beneficino di finanziamenti pubblici. Se entro marzo non esisteranno le qualifiche allora in estate non potremo fare i corsi perché saranno contro le regole”. Questa la denuncia del direttore di Cedifop, Manos Kouvais.
“Cedifop – prosegue – ha sempre realizzato quattro corsi , essendo un ente di formazione accreditato dalla Regione Sicilia, con allievi che arrivano da tutte le regioni d’Italia e dall’estero, sia dai paesi dell’Unione Europea che da paesi extracomunitari”.
Nell’aprile 2016, l’Assemblea Regionale Siciliana, ricorda Kouvakis “ha approvato una legge, la prima in Italia, che riconosceva, oltre alla qualifica dell’operatore subacqueo a servizio dell’industria di porto, le nuove qualifiche di operatore subacqueo fuori porto. Con l’adozione di questi standard per la formazione si poneva come esempio nazionale e internazionale. La Regione sanciva, infatti, un nuovo requisito minimo per la corretta applicazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro perché garantiva ai lavoratori un idoneo livello di esperienza in un settore altamente rischioso. La stessa legge, però, – prosegue il direttor dell’ente – prevedeva che entro agosto, con un decreto del Presidente della Regione, su proposta degli assessori alla formazione professionale e lavoro, sarebbero state emanate le disposizioni attuative della legge. L’applicazione della legge, insomma, dovrebbe rendere indispensabile il riconoscimento del percorso formativo con il conferimento di una card da parte della Regione Sicilia. Questa accerterà il riconoscimento della qualifica in tutta Italia per tutti coloro che la richiederanno, al di là di dove si siano formati”.
Una procedura, spiega sempre Kouvakis che “dovrebbe coinvolgere tutti gli operatori delle aziende che operano fuori dai porti in Italia, come per esempio quelle che si occupano di acquacoltura o le imprese di lavori subacquei. Anche i lavoratori della aziende che operano nei porti avranno comunque interesse a richiedere la card e potrebbe accadere che i lavoratori di tre mila aziende italiane del settore facciano richiesta causando anche un introito alla Sicilia”.
Ma qui iniziano i problemi. “La vicenda – prosegue infatti il direttore dell’ente – si complica perché dal primo dicembre 2017 non possono essere attivati più corsi di formazione – anche non beneficianti di finanziamenti pubblici – se le qualifiche professionali non sono previste dal repertorio delle qualificazioni della Regione Siciliana. L’assenza di questi percorsi formativi nel catalogo, malgrado la legge regionale li preveda – conclude Kouvakis – impedisce al nostro centro di svolgere l’attività che ha sempre regolarmente svolto negli ultimi decenni, creando addirittura una disparità di trattamento con enti che si trovano in altre Regioni italiane che hanno inserito il percorso base per operatore tecnico subacqueo nei loro cataloghi”.
Una questione che potrebbe essere sbloccata, quindi, dalla Regione. E il dipartimento della Formazione fa sapere che le qualificazioni non sono ancora state inserite nel repertorio per via della mancanza delle disposizioni attuative, ma che gli assessori hanno provveduto a proporre il decreto da sottoporre all’approvazione della giunta. Insomma, la procedura sta andando avanti. Ma l’iter che potrebbe concludersi – questo il timore dei titolari del Cedifop – troppo tardi.