PALERMO – Il nuovo braccio di ferro tra la Regione siciliana e lo Stato è tutto in un emendamento alla Finanziaria. Lo ha firmato l’assessore all’Economia Gaetano Armao, e rispecchia ovviamente l’intenzione dell’intero esecutivo: “Lo Stato restituisca alla Sicilia 600 milioni”. Questo lo spirito della proposta di modifica alla legge di stabilità in esame a Palazzo dei Normanni.
Una sfida, appunto. Anzi, qualcosa di più, visto che la maxi-somma verrebbe già inscritta in entrata nel bilancio regionale. In uno specifico fondo, per la precisione, destinato a ridurre la quota di compartecipazione alla spesa sanitaria.
L’origine della norma, infatti, è tutta lì. Nel cosiddetto “piano di rientro” della Sanità siciliana che si è tradotto in una norma nella Finanziaria statale del 2017. Una norma che innalzava gradualmente, dal 2007 al 2010 la quota del contributo della Regione alla spesa sanitaria dal 42,5 all’attuale 49,11 per cento. In “cambio” di questo sforzo, lo Stato si impegnava a riconoscere alla Sicilia la “retrocessione” di una parte del getto delle accise sui prodotti petroliferi. Quei soldi insomma dovevano restare in Sicilia.
“Ma quei soldi la Regione non li ha mai visti” puntualizza l’assessore Armao. E così, ecco l’emendamento che poggia anche su un altro aspetto: secondo il governo regionale, la norma che ha alzato la compartecipazione avrebbe avuto validità fino, appunto, al 2010. Dal 2011, quindi, la quota a carico della Sicilia avrebbe dovuto riassestarsi all’originario 42,5 per cento. Nemmeno questo è avvenuto, e la compartecipazione è rimasta ai livelli attuali.
E così, ecco i 600 milioni iscritti nel bilancio in entrata che serviranno, si legge nell’emendamento del governo, per “compensare” proprio la quota eccessiva pagata dalla Sicilia o per il “ripianamento dell’indebitamento pubblico regionale”. Per il governo, infatti, si tratta di “spettanze della Regione sino ad oggi ingiustificatamente attribuite”. È il nuovo braccio di ferro tra il governo siciliano e lo Stato.