Facciamo un’analisi seria del voto e cerchiamo di capire chi sono i vincitori. In Sicilia intendo naturalmente. Lasciando da parte Salvini e Meloni indiscussi vincitori, il primo in assoluto è Leoluca Orlando che con la sua avversione a Salvini ha contenuto il successo della Lega in Sicilia che non è andata oltre un misero 20%, risultato geneticamente impossibile.
Il colpo di genio è però nella scelta del “suo candidato “. Lui è sempre stato uno che ha rischiato in proprio ed a parte qualche caso sfortunato (il povero Micari o più recentemente Giambrone, caso unico nella storia del nostro Paese, non eletto pur essendo al numero uno del proporzionale) i suoi candidati, anche se in questo momento non mi vengono i nomi, sono stati sempre eletti.
Stavolta nella scelta del candidato da appoggiare voleva essere determinante come non mai, ha guardato la lista del PD e ha pensato: chi ha più bisogno in questa competizione del mio contributo elettorale? Chi senza il mio apporto non ce la potrebbe mai fare? Pietro Bartolo, naturalmente.
Io che sono un ingenuo ho pensato: povero Bartolo, abbandonato dal Pd e sostenuto dal solo Orlando. Ma che cosa? Faraone, Lupo, Cracolici, Sammartino, persino l’odiato Crisafulli, insomma tutti i ras del PD, Fava ed addirittura la stessa Chinnici, anch’essa candidata, avevano già deciso di farlo votare.
È stato persino lanciato un appello dall’Europa delle culture, una folta schiera di intellettuali italiani e stranieri. Tutto quello che si vuole, ma volete mettere la forza d’urto del suo personale contributo? No, Dieguccio, mi ha detto un mio amico che si intende di politica, Orlando si è scelto quello dove non doveva fare assolutamente niente e dove proprio “la sua forza d’urto” si sarebbe confusa. Bartolo era votato dichiaratamente da tutto il partito, era l’unico modo per vincere a tavolino.
Sarà che sono ingenuo ma io continuo a credere che se non fosse sceso in campo lui, Pietro Bartolo non sarebbe mai diventato parlamentare europeo. Non c’è gratitudine, però, a questo mondo, non mi pare infatti di avere sentito nessuno che gli abbia riconosciuto questo merito. Meno male che ci sono io che lo seguo e che so quanto vale e quanto pesa.
L’altro giorno il banconista della pescheria dove vado abitualmente che è un attento e lucido analista politico mi ha chiesto: avvocato, ma Orlando vuole farsi “u partitu ri turchi”? Lui ha la visione, ho cercato di spiegargli, una nuova mission internazionale, l’antimafia è stata rottamata.
Mi ha guardato perplesso e mi ha detto, quasi a volermi sottolineare che non ne era più tanto certo: ma non è Sindaco di Palermo? Non credo alla fine di essere riuscito a rendergli chiaro il concetto e soprattutto a dare una risposta alle sue perplessità.
L’altro vincitore che mi viene in mente, a proposito di Orlando, è Gianfranco Miccichè. Ho letto da qualche parte che la buona tenuta di Forza Italia in Sicilia sarebbe il risultato di una linea politica ben precisa: quella dell’avversione ai populisti ed ai sovranisti con un occhio ai moderati del PD.
Non c’è niente di più sbagliato e mi riferisco alle ragioni del 17% e non al merito della proposta politica che al momento in verità non mi è sembrato di vedere tranne a volere considerare tale questa sorta di tiro alla fune tra chi vorrebbe Forza Italia più a destra e chi invece più a sinistra.
Miccichè però è un ragazzo sveglio ed una persona di talento e nonostante qualche genio nel suo “gruppo di lavoro “ se ne possa essere convinto, lui sa benissimo che il 17% di Forza Italia in Sicilia è il risultato di ben altro e si è affrettato infatti giustamente a sottolinearlo.
In questo gioco di sottolineature è naturalmente intervenuto Saverio Romano che ha preteso il giusto riconoscimento agli oltre 73000 voti portati in dote alla lista di Forza Italia. Ma ha vinto o ha perso? Ha perso naturalmente anche se resta un riferimento per le partite che si dovranno ancora giocare.
Ha perso per il semplice fatto che non è stato eletto, che era quello per cui competeva, giocando una partita con le regole peraltro che gli sono più proprie (quando si vota con il proporzionale, quelli che io chiamo cercatori d’oro perché sanno come cercarlo e dove trovarlo, sono maestri nella ricerca del consenso).
E Miccichè? Sapeva tutto sin dall’inizio e ha accettato la sfida perché è un giocatore, furbo e comunque coraggioso, tanto da avere addirittura forzato la mano per inasprire la competizione.
Al contrario di Tajani (non si capisce come abbia potuto fare un errore così grossolano, non ha neppure la scusa per essere stato quasi doppiato nel suo collegio dalla Meloni ed avere preso seimila voti in meno del piccolo Milazzo in una circoscrizione più grande della sua) sapeva perfettamente che Berlusconi capolista era un valore aggiunto.
Quelli che teorizzano che l’establishment di Forza Italia in Sicilia non lo ha fatto votare non sanno quello che dicono e soprattutto non conoscono la storia di Forza Italia.
Berlusconi è un fenomeno da studiare nelle migliori università di tutto il pianeta. È l’unico candidato al mondo che dopo oltre vent’anni con i suoi meriti ed i suoi demeriti può stare comodamente seduto a casa sua e quelli che lo devono votare lo voteranno senza bisogno che ci sia qualcuno che glielo vada a chiedere.
Questo succedeva prima con percentuali maggiori e succede adesso che il partito non è più quello di una volta. Micciché ha il merito di avere compreso tutto questo e di essersi giocato alla fine la carta del piccolo Milazzo altro abilissimo cercatore d’oro.
Adesso si dovranno giocare la partita vera, quella delle politiche, dove non servono i cercatori d’oro ma le proposte politiche accattivanti per trovare identità e centralità e questo non passa certamente dalla ricerca a chi ci si deve aggrappare.