PALERMO – Da servizio gratuito non garantito a risarcimento del danno arrecato per la sua assenza: il trasporto di studenti con disabilità da casa a scuola si trasforma in un boomerang per la pubblica amministrazione. Un nuovo fronte giuridico potrebbe aprirsi a seguito di una sentenza del tribunale di Termini Imerese, sezione civile, che “accerta la condotta discriminatoria” da parte della Città metropolitana di Palermo e dell’assessorato regionale alla Famiglia, alle Politiche sociali e al Lavoro (in contumacia). Gli enti sono stati condannati per non aver assicurato il servizio a una studentessa minorenne e dovranno ora risarcire alla madre oltre 800 euro per danni patrimoniali e oltre 2.500 euro per le spese legali.
La storia era iniziata con una comunicazione dalla scuola: per l’anno scolastico 2018/2019 la Città metropolitana di Palermo non aveva provveduto ad attivare il servizio di trasporto in favore dell’alunna, che la legge inquadra come “disabile grave”. Da qui il ricorso, del quale però la Città metropolitana aveva chiesto il rigetto, evidenziando “l’assenza di copertura finanziaria” e “l’avvenuta frequenza, ad opera della minore, della scuola ove la stessa risultava integrata e ove partecipava in maniera regolare il percorso di studi previsti”. Richiesta a cui ne era seguita un’altra, ancora della Città metropolitana, di dichiarare cessata la contesa e rigettare la domanda di risarcimento; l’ente sosteneva che “sebbene la ricorrente avesse inoltrato raccomandata di rinuncia al rimborso – spiega la sentenza – non era mai stato richiesto dalla predetta, alla cooperativa accreditata, di avvalersi del servizio di trasporto”.
Quanto al coinvolgimento dell’assessorato alla Famiglia, l’atto fa presente che anch’esso era stato coinvolto dalla ricorrente: la donna aveva lamentato un ritardo nell’erogazione dei fondi per attivare servizio di trasporto. Circostanza, comunque, non contestata dall’assessorato.
La mamma dell’alunna ha quindi evidenziato la mancata attivazione del trasporto e, soprattutto, come la figlia fosse stata costretta ad anticipare le uscite e a ritardare gli ingressi per sopperire all’assenza del servizio. La sentenza precisa che la posizione dello studente portatore di handicap discriminato “è la medesima sia che l’oggetto concerna un determinato numero di ore di sostegno, sia che riguardi uno dei rimanenti servizi assistenziali di supporto all’apprendimento disposti in relazione al singolo studente”: in questo caso, il servizio di trasporto gratuito.
Il giudice ha ravvisato che, di fatto, all’alunna siano state negate opportunità pari a quelle dei compagni non portatori di handicap. “Nessun vincolo di bilancio né procedure burocratiche o difficoltà finanziarie o amministrative”, si legge inoltre nella sentenza, “possono limitare in alcun modo il diritto della minore a fruire del relativo servizio ritenuto necessario e funzionale all’esercizio del diritto allo studio”.
“Questa sentenza muta l’orientamento giurisprudenziale in materia di trasporto – commenta su Facebook il comitato ‘Siamo handicappati no cretini’, dando notizia dell’accaduto – accogliendo le richieste della famiglia e condannando la pubblica amministrazione. Questo è un caso emblematico di cosa succede quando la pubblica amministrazione non garantisce i servizi. Viene anche condannata al risarcimento del danno. Chi paga? Sempre noi!”.