Appalti, quale norma applicare? | Caos dopo l'impugnativa dello Stato - Live Sicilia

Appalti, quale norma applicare? | Caos dopo l’impugnativa dello Stato

L'assessore Falcone: "La legge siciliana c'è e va applicata". Con lui i costruttori. Ma Barbagallo (Pd) e Anci segnalano: "Si rischia il blocco".

 

 

 

PALERMO – Nel settore delle gare e dei lavori pubblici è il caos. Con il Collegato, infatti, l’Assemblea regionale siciliana ha approvato una norma, fortemente voluta dal governo e sponsorizzata dalle imprese, per modificare il codice degli appalti. Roma ha però impugnato l’articolo e ora si andrà davanti la Corte costituzionale. Nell’attesa del giudizio per l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone la situazione è chiara: “La norma regionale esiste e va applicata”. Con lui si schiera l’associazione dei costruttori. Di visione opposta, invece, è l’Anci Sicilia che con Paolo Amenta suggerisce una soluzione di prudenza fin quando la Consulta non si sarà pronunciata. E così il deputato del Pd Anthony Barbagallo invita: “Il governo regionale si fermi per evitare un pericolosissimo stallo”.

Applicare il codice degli appalti nazionale o attuare la modifica regionale alle regole sull’aggiudicazione così da eliminare le offerte anomale consentendo prezzi più calmierati? Questo dubbio a prima vista tecnico riguarda in queste settimane tutti gli uffici di gara dell’Isola, da quelli regionali agli uffici tecnici dei comuni, e così coinvolge tutte le opere pubbliche che nell’isola si devono realizzare.

La norma regionale, come detto, fu approvata dall’Ars, malgrado i dubbi di conformità alla Costituzione dato che in passato altre volte si è provato a modificare la normativa nazionale sugli appalti per poi ricevere l’altolà da Roma. Nell’articolo sono contenute alcune regole. La prima stabilisce che le pubbliche amministrazioni che bandiscono le gare devono applicare il criterio del minor ribasso per gli appalti di valore inferiore a cinque milioni. Poi l’articolo fissa il metodo di selezione dell’offerta a cui aggiudicare il lavoro. Le commissioni di gara dovrebbero fare una media delle offerte presentate con un accantonamento del dieci per cento delle proposte economiche più alte e più basse. L’appalto andrà affidato all’impresa che più si avvicinerà alla media ottenuta.

Per il governo nazionale però questa soluzione non può essere applicata perché viola le competenze centrali in quanto la legge “ha attribuito espressamente allo Stato, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – così si legge nell’impugnativa -, la facoltà di ‘procedere con decreto alla rideterminazione delle modalità di calcolo per l’individuazione della soglia di anomalia’, al fine di non rendere nel tempo predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della stessa”.

L’ultimo a sollevare la questione,in questi gironi, è stato il deputato del Pd all’Ars Anthony Barbagallo. “La scelta del governo regionale, comunicata nei giorni scorsi, di resistere avanti la Corte Costituzionale – ha accusato il dem – è l’ennesimo capriccio di questo governo che i siciliani pagheranno a caro prezzo. La giurisprudenza, non dell’ultimo tribunale di provincia, ma della Corte Costituzionale, infatti, è costante, nel ritenere che gli aspetti relativi alle procedure di selezione ed ai criteri di aggiudicazione siano riconducibili all’ambito della tutela della concorrenza e come tali uniformi su tutto il territorio nazionale e di esclusiva competenza del legislatore statale. Come se non bastasse la disciplina impugnata è simile a quella già dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza 236 del 2016. In sostanza – ha aggiunto Barbagallo -, le stazioni appaltanti saranno costrette ad applicare provvisoriamente una norma che verrà dichiarata illegittima tra qualche tempo con ogni conseguenza in ordine al risarcimento del danno ai privati ed al rallentamento nella realizzazione delle opere pubbliche, con grave danno ad un sistema che già paga la crisi del settore. Addirittura, – ha continuato – abbiamo appreso che è intenzione del governo convocare un tavolo tecnico per definire la riforma degli appalti, una spregiudicatezza figlia dell’ennesima cervellotica teoria dell’assessore Falcone che va oltre ogni possibile immaginazione. Chiederemo in tutte le sedi – conclude il parlamentare regionale – l’abrogazione dell’articolo 4 o in alternativa la sua sospensione, in attesa della pronuncia della Corte”.

Ma il governo regionale, come accennato tira dritto e dopo avere inviato una circolare alle stazioni appaltanti rivendica il proprio operato. “La norma regionale è in vigore e va applicata – ha commentato l’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone – questo sistema di gara è più efficace e trasparente e avrà come conseguenza finale la realizzazione dei lavori a regola d’arte. E infatti gli imprenditori ci chiedono di resistere nel giudizio di fronte la Corte costituzionale”.

Per Falcone d’altronde non ci sono incertezze. “Anzitutto la norma non è stata cassata e quindi  – ha ribadito – in Sicilia si applica questa legge. Inoltre va chiarito che rispetto al 2014, anno in cui una norma diversa da questa fu impugnata, oggi abbiamo le norme di attuazione dello statuto in favore delle piccole e medie imprese che sono il presupposto della nostra riforma. Inoltre – ha aggiunto l’esponente del governo Musumeci – in quell’occasione il governo Crocetta non ha più resistito facendo cadere nel vuoto la norma proposta mentre noi abbiamo intenzione di difenderla. Da ultimo voglio fare presente che la nostra normativa è stata il frutto di incontri con numerosi esperti nazionali come Patuanelli, che oggi è ministro e ieri era capogruppo del Movimento cinque stelle al Senato. Spiace costatare – ha concluso Falcone – che prima in un tavolo c’è stato detto ‘questa è la migliore norma che si può fare’ e poi in un altro è stata decisa l’impugnativa”.

Sul fronte dei Comuni, che hanno un ruolo strategico nell’applicazione della norma, però, con le linee guida dell’esecutivo regionale, i dubbi sono tutt’altro che chiariti. “L’assessorato alle Infrastrutture – ha raccontato Il vicepresidente dell’Anci Sicilia Paolo Amenta – ha inviato una circolare in cui indica come strada da seguire l’applicazione della norma regionale. Ma la normativa sugli appalti è nazionale e attuare un meccanismo che vorrebbe modificarla anche alla luce della presa di posizione d’impugnativa del governo centrale rischia di portare alla paralisi. Crediamo – è la proposta dell’associazione dei Comuni siciliani – che si debba tornare al buon senso. Le soluzioni percorribili – ha spiegato Amenta – sono due: o trovare un accordo politico con il governo centrale o nelle more del giudizio presso la Corte costituzionale continuare a rispettare il testo nazionale del codice degli appalti. Di fronte a dei precedenti in cui la Consulta – ha poi chiarito il vicepresidente dell’Anci Sicilia – ha dichiarato illegittima la norma nazionale è chiaro che il funzionario che mette a bando le gare si troverà nell’indecisione e dovendosi assumere la responsabilità del suo operato potrebbe voler non correre il rischio. È normale infatti che chi arriverà secondo farà ricorso nell’attesa del giudizio della Consulta. Questo atteggiamento, così, rischia di non portare da nessuna parte o piuttosto di portare al blocco totale degli appalti”.

Con l’assessore Falcone si schierano invece le associazioni di categoria degli imprenditori edili. “L’impugnativa dello Stato sulla norma che modificava l’articolo del codice degli appalti sull’aggiudicazione – ha dichiarato il vicepresidente dell’Ance Palermo Massimiliano Miconi – ci ha rammaricato anche se era prevedibile. Il lavoro fatto dall’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone e l’assessore all’Economia Gaetano Armao ha fornito alla norma una cornice rafforzata dato che veniva approvata come una norma d’applicazione dello Statuto ma purtroppo non è bastato. Non si comprende però -ha continuato l’imprenditore – perché la Regione Sardegna possa avere una legge sugli appalti pubblici propria e questo non debba essere consentito alla Sicilia che è dotata di autonomia speciale. Bene – ha concluso Micone – ha fatto l’assessore Marco Falcone a diffondere una circolare rivolta alla stazione appaltante in cui fa presente che la norma va applicata fin quando non sarà dichiarata incostituzionale”.

Secondo Pippo Glorioso, segretario della Cna di Palermo “è chiaro che c’è una situazione di incertezza ma – ha sottolineato – non possiamo che sostenere la linea dell’assessore Marco Falcone di far valere l’efficacia della norma regionale anche se soggetta al ricorso davanti la Corte costituzionale. Abbiamo voluto molto quest’articolo sugli appalti dato che in questo momento la normativa statale genera anomalie che rendono insostenibile la competizione fra le imprese con offerte al quaranta percento. Oggi, infatti, mentre l’edilizia può ripartire grazie all’adesione all’operazione di riqualificazione del patrimonio edilizio italiano, che abbiamo proposto – ha concluso Glorioso – dobbiamo segnalare che le gare d’appalto sono ancora nello stallo”.

 

 

 


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