PALERMO – Dalle cene di solidarietà all’autoisolamento il passo è stato breve. Dopo i tre casi di Coronavirus a Palermo, il timore del contagio ha fatto abbassare le saracinesche a centinaia di commercianti cinesi, sia in città che in provincia. A dare il via sono stati i negozianti che si trovano in centro, dalla via Maqueda alla via Lincoln, fino alla vasta area compresa tra le vie Antonio Ugo, Antonio di Rudinì e Archirafi. Ora dopo ora, a chiudere le porte sono state anche le attività del resto della città e negli ultimi due giorni la stessa decisione è stata presa dai commercianti di Partinico, Terrasini, Borgetto e dintorni.
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Ristoranti, negozi di abbigliamento, di giocattoli e casalinghi e persino i centri commerciali, sono andati in ferie. “In realtà – spiega Marco Mortillaro, direttore della comunità ‘Cinesi d’Oltremare’, una delle più rappresentative a Palermo – i titolari si sono ‘autoisolati’ in casa con le proprie famiglie. I figli non possono andare a scuola perché sono chiuse, vivono praticamente blindati perché non hanno alcun contatto con l’esterno, temono di essere contagiati dai palermitani. E’ colpa, purtroppo, del messaggio che si è diffuso ormai a livello internazionale: l’Italia non appare sicura sul fronte dei controlli e dell’assistenza in caso di contagio da Coronavirus”.
Un’immagine sconfortante che nella comunità cinese a Palermo, rispecchierebbe quella di altri Paesi. “Molti commercianti cinesi che lavorano qui da oltre vent’anni, hanno man aperto ristoranti e attività non solo in altre città italiane, ma anche all’estero – spiega Mortillaro -. Tanti ristoranti sono stati avviati in Francia e pure da lì arrivano informazioni che hanno incoraggiato i negozianti a chiudere: il nostro Paese viene percepito come un territorio debole sul fronte dei controlli negli aeroporti, nei porti, nelle ferrovie. Gli scambi commerciali si sono al momento fermati, in molti non ricevono più la merce e hanno registrato perdite economiche fino al cinquanta per cento”.
E così, dalla ‘Chinatown’ palermitana e fino a Partinico, si assiste ad una carrellata di negozi con le lanterne rosse chiusi al pubblico: “Tutto ciò – precisa il direttore della comunità – pur considerando che tra i cinesi residenti in Italia non si è registrato alcun contagio. Il pericolo percepito è adesso nei confronti degli italiani e dopo i casi in città, anche i palermitani rappresentano secondo loro un rischio. Le notizie circolate, dall’assenza di mascherine e dei dispositivi di sicurezza negli ospedali, fino alle dichiarazioni del presidente della Regione, non hanno fatto altro che alimentare questa immagine estremamente negativa della nostra città agli occhi di chi ci guarda dall’esterno. I cinesi sono perfettamente integrati a Palermo, ma il loro sguardo è lo stesso di chi vive all’estero”.
La chiusura dei negozi è solo temporanea, ma nei prossimi giorni è destinata a raccogliere altre adesioni, visto che la comunità conta almeno tremila persone e le attività in città e in provincia sono oltre duecento. Dieci i centri commerciali che hanno chiuso le porte tra Palermo e Partinico, numeri significativi se si considera che i commercianti cinesi in città non vanno in ferie nemmeno ad agosto.