30 giugno e 31 luglio. Sono le scadenze previste dal “Decreto CuraItalia” e dal “Decreto Liquidità” per pagare tutti i tributi che sono stati sospesi a causa della particolare situazione economica e finanziaria legata alla pandemia da COVID 19.
Due mesi di fuoco. Se non interverranno ulteriori proroghe, quasi tutte le “partite IVA” e molti altri contribuenti dovranno utilizzare la modestissima liquidità che è stata concessa con le sospensioni fiscali già disposte, per pagare quanto non è stato possibile versare all’Erario a partire dall’8 marzo scorso. Una liquidità, però, che se è mancata fino ad ora, è impensabile possa spuntare fra due mesi. La liquidità recuperata con le sospensione non basterà nemmeno per versare quello che c’è da pagare a giugno ed a luglio.
Ma c’è di più. Nel corso dell’audizione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ruffini, alla Commissione Finanze della Camera, sono venute fuori notizie ancora più allarmanti di quelle di cui si è detto prima.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, per bocca del loro Direttore, hanno fatto sapere che a partire dal prossimo 1^ giugno cominceranno ad arrivare agli Italiani ben 33 milioni di atti di accertamento, lettere di compliance e cartelle di pagamento.
Dopo il 31 maggio, infatti, scaduto anche il termine di sospensione dell’attività degli uffici fiscali prevista dall’articolo 67 (e dall’articolo 68 per la notifica delle cartelle) del D.L. 18 del 17 marzo 220, tutti gli enti impositori, principalmente l’Agenzia delle Entrate, ed anche l’Agente della Riscossione, riprenderanno il consueto lavoro istituzionale, controllando, facendo accertamenti e rettifiche, notificando avvisi di liquidazione, iscrivendo a ruolo e, per quanto di competenza dell’Agente della Riscossione, notificando le cartelle di pagamento.Il tutto al fine di recuperare tutto il lavoro che non è stato fatto dall’8 marzo al 31 maggio di quest’anno.
Ma non solo. Se, come sollecitato da più parti, compresa la Corte dei Conti, in sede di conversione del D.L. 18 dovesse essere abrogata la disposizione di cui all’ultimo comma del citato articolo 67, che concede due anni di proroga per notificare gli avvisi fiscali (rettifiche e liquidazioni) relativi all’annualità 2015, allora l’Agenzia sarà costretta ad accelerare il suo lavoro, provvedendo ad effettuare, entro il 31 dicembre di quest’anno, il controllo dell’annualità 2015, notificando, conseguentemente, entro il prossimo 31 dicembre, circa 8,5 milioni tra atti di accertamento, avvisi di liquidazioni, lette di compliance, ed altro.
Insomma, se non si pone subito rimedio, secondo il Direttore delle Entrate Ruffini, che comunque ha assicurato la massima attenzione ed il massimo impegno per rendere quanto più sicura possibile – dal punto di vista sanitario ed organizzativo – l’offerta dei servizi alla cittadinanza, entro il 31 dicembre 2020 potrebbero essere notificati ben 33 milioni di atti fiscali, comprese le notifiche relative ai controlli del 2015.
Secondo Ruffini, la proroga degli accertamenti fiscali, da molti osteggiata, non costituirebbe in realtà un vantaggio del fisco, bensì il modo per evitare di concentrare, in appena un semestre, atti di accertamento (quelli del 2015) che, insieme a tutti gli altri, rappresenterebbero un peso eccessivo, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista organizzativo, per i cittadini.
Se questa tesi non dovesse passare e dovesse essere eliminata la disposizione che prevede lo slittamento dei termini di decadenza, in effetti saremo di fronte ad una “potenza di fuoco” del fisco che fa paura anche in un periodo normale. Pensiamo all’effetto che può avere in un periodo drammatico come quello attuale.
E’ anche questo, forse, il motivo per cui lo stesso Ruffini, sempre nel corso della citata audizione in Commissione Finanze, nonostante una sua precedente dichiarazione assolutamente contraria al condono, si è dichiarato favorevole ad una proposta dell’ex sottosegretario Massimo Bitonci, riguardante una nuova edizione di “rottamazione” e “pace fiscale”, in considerazione delle acuite difficoltà dei contribuenti durante questa delicatissima fase economica nazionale.
E’ indispensabile, comunque, che l’Agenzia delle Enrate , e tutti gli altri enti impositori, in questo periodo svolgano un ruolo diverso da quello di semplice controllo. Secondo alcuni, gli uffici, specialmente quelli dell’Agenzia delle Entrate, dovrebbero essere una sorta di ”Agenzia del Contribuente”, piuttosto che semplice Agenzia delle Entrate, al fine di collaborare per una ripresa dell’economia del Paese.
Ad avviso di chi scrive, dovranno essere pure rivisti, quanto meno in via provvisoria, ossia fino alla conclusione dell’emergenza e dei relativi problemi economici e sociali, non solo molti degli attuali e diversi limiti alla compensazione ed ai rimborsi, ma anche alcuni sistemi presuntivi di controllo, e ciò al fine di pervenire ad un sistema che possa avvicinarsi, in maniera molto più realistica del passato, alla vera capacità contributiva dei cittadini.